La Cina è in notevole affanno economico e così decide di fare marcia indietro sul fronte degli impegni sul clima e torna decisamente al carbone.
Lo stesso sta facendo l’India che è tornata al combustibile fossile più inquinante. La crisi della supply chain e il notevole rallentamento della produzione spaventano la Cina. I costi di produzione sono più alti che mai a causa di un’inflazione che ha colpito in pieno il paese del dragone. Il debito colossale nel settore immobiliare rischia inoltre di spaventare gli investitori stranieri e così la Cina decide che il global warming può aspettare e ripiega in modo deciso sui combustibili più inquinanti. Ma in realtà è già da tempo che il grande paese asiatico ha messo la produzione al di sopra degli impegni ambientali. In realtà resta sempre l’impegno a far calare le emissioni in modo netto e deciso ma francamente oggi sembra tutto più lontano. Un report molto interessante fa luce su questa situazione.
Rhodium Group ha pubblicato un studio che fa emergere come lo scorso anno il paese del dragone ha prodotto la stessa quantità di Co2 di Stati Uniti, India, Giappone e Russia. Insomma, l’impegno per l’ambiente in tempi di crisi può aspettare. E’ noto che con l’inizio della crisi energetica sia la Cina che l’India stiano tornando al carbone. Scorrendo il report si scopre come esistano aziende cinesi così colossali da inquinare più di intere grandi nazioni. E’ il caso di Sinopec Group che tra l’altro è statale e che ha generato più Co2 del Canada. Cifre paurose che raccontano di come la Cina gioca sempre e comunque secondo le sue regole.
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In queste condizioni non si può non dar ragione a quegli ambientalisti o a quei ricercatori che sostengono che i traguardi sul clima non saranno raggiunti.
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In effetti con questi volumi di emissioni appaiono poco realistici.
Basta immaginare che un documento così personale possa esistere solo in copia fa sorgere domande…
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