Non c’è dubbio che i Bonus Casa abbiano giocato un ruolo importante nella ripartenza del Paese dopo la pandemia di Covid.
Ma fin da subito sono emerse truffe e raggiri di vario genere per intascare impropriamente i ricchi incentivi messi a disposizione dall’esecutivo. È stato varato il decreto anti frodi per cercare di arginare questa valanga di truffe che sono state quantificate in almeno 4 miliardi di euro. E’ diventato evidente come attorno ai bonus fosse nata una vera e propria industria criminale che puntava alle forti cifre messe in gioco costruendo lavori fasulli, gonfiati o manipolati. Oggi tanti cittadini italiani hanno paura dei controlli che si annunciano sempre più a tappeto. Tanti sono frastornati perché non sanno fino a che punto preventivi gonfiati e accettati senza battere ciglio possono costituire vero e proprio reato. Infatti nell’epoca dei bonus sono stati tanti i lavori approvati con disinvoltura perché tanto pagava lo stato, ma adesso arrivano i controlli e si rischia il penale. E il sito Laleggepertutti a fare chiarezza e dunque vediamo quando scatta il reato. Il reato scatta in tutte le ipotesi che seguono.
Quando i lavori ammessi al bonus non vengano poi effettivamente eseguiti. Scatta il penale anche quando la fattura sia stata emessa da un impresa diversa da quella che ha materialmente eseguito i lavori. Quando i lavori sono stati eccessivamente fatturati: il lavoro materialmente è stato eseguito, ma gli importi dichiarati sono stati gonfiati rispetto a quelli reali. In questi caso la ditta rischia da 4 a 8 anni. Ma veniamo al committente. Il committente può essere accusato di dichiarazione fraudolenta e dunque rischiare da 4 a 8 anni di reclusione oppure potrebbe rientrare in concorso con il reato commesso dall’impresa.
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Perché il committente sia accusato di questi reati occorre che la sua posizione sia dolosa.
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In sostanza è richiesto che egli abbia consapevolezza del reato e sia stato effettivamente determinato a commetterlo.
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