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Quanto durerà la crisi dei chip? Cosa ci aspetta per il 2023 secondo il Ceo di Intel

Il Ceo di Intel ha rilasciato alcune dichiarazioni in cui ha spiegato quanto durerà secondo la sua azienda la crisi dei chip che stiamo attraversando e quali sono le possibili soluzioni per uscirne. 

La crisi dei chip continua a preoccupare molto l’Occidente e le ultime dichiarazioni dell’amministratore delegato di Intel in proposito non sono certo ottimistiche. Pat Gelsinger ha infatti spiegato di recente che, almeno fino al 2023, l’offerta di chip continuerà a rimanere limitata e ci vorranno anni prima che la situazione possa migliorare con dei ritmi produttivi simili al passato. D’altronde, quando a venire meno è la materia prima, o questa subisce degli incrementi di prezzo insostenibili, diventa impossibile rispondere alla domanda di milioni di consumatori. Una crisi che fino ad adesso il nostro sistema industriale non aveva mai sperimentato, e che non sta toccando soltanto il comparto tecnologico. Il Ceo di Intel ha affermato che “Nella seconda metà di questo decennio prevediamo che il numero di wafer avanzati prodotti ogni anno raddoppierà e continuerà a crescere”. 

Intel si prepara a una maxi investimento per superare la crisi dei chip

Il vero punto di svolta, ha in seguito spiegato meglio nel suo intervento Gelsinger, si toccherà quando l’intero comparto inizierà ad adottare delle tecnologie più moderne che permetteranno sia di espandere la catena produttivi che di risolvere molti problemi legato all’approvvigionamento delle materie prime. Proprio per questo il Ceo di Intel ha annunciato come l’azienda si stia preparando a fare un investimento molto importante, pari a circa venti miliardi di euro per costruire due nuove fabbriche di Chip in Ohio. 

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Un modo concreto per l’appunto, per prepararsi al futuro e non farsi più trovare impreparati di fronte a nuova crisi. Anche l’Unione Europea, con l’emanazione del Chips Act, ha stanziato una cifra pari a circa 43 miliardi di euro per iniziare a produrre per conto proprio e ridurre dunque la dipendenza in questo settore dagli Stati Uniti e dal continente asiatico.

Carmelo Giuffre

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