Il premier Mario Draghi deve affrontare una delle conseguenze più complicate da gestire e che investe direttamente le tasche dei cittadini italiani.
Il Governo presieduto da Mario Draghi si è riunito per affrontare e mettere in pratica un piano d’emergenza interno per potere affrontare le conseguenze ella guerra in Ucraina. Il piano di emergenza prevede di provvedimenti che tengano conto la necessità di dribblare gli effetti delle sanzioni impartite alla Russia e le conseguenziali ritorsioni di Putin. A Palazzo Chigi sono questi gli argomenti che arricchiscono l’ordine del giorno dei ministri. Come accade in questi momenti storici bellici, è stato convocato in Nucleo interministeriale situazione e pianificazione (Nisp): è il gabinetto che si occupa della guerra, è coordinato dal premier, ministri e intelligence. In questa fase del conflitto, a loro è destinato un compito tra i più caldi: la crisi energetica e una crisi di nervi per gli italiani.
In questa fase in Nisp ha un ruolo centrale e di coordinamento tra ministeri ed enti al fine di prevenire e ipotizzare soluzioni nell’interesse nazionale. Ad ogni modo, si parte dalla grande difficoltà di recepire le energie. Come detto in queste ore, c’è un problema europeo. E non riguarda solo gli umani, perché a pagarne le spese sono anche animali e quindi per gli allevamenti. Adesso, come accadde nel 1973, un’ipotesi sembra circolare tra i corridoi di Palazzo Chigi ma che potrebbe essere già applicata da sindaci e amministratori locali.
Una delle opzioni vagliate è di iniziare ad abbassare le luci nei monumenti e nei palazzi. Non potrà mancare la luce certamente nei luoghi come le strade o dove è necessaria l’illuminazione per garantire sicurezza. E ancora: abbassare di un grado il riscaldamento, specie al sud dove le temperature solitamente sono più alta e ci si avvicina alle temperature più calde. La paura è ciò che può fare Putin, e infatti l’intenzione è di prepararsi al peggio qualora le forniture fossero interrotte definitivamente. Uno scenario terrificante che costringerebbe l’Italia a correre ai ripari e correre su altri mercati energetici.
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