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Superbonus, così tentando di salvarlo: le ultime decisioni

Il superbonus ha rappresentato una grande novità nel panorama del mercato edile italiano. Ma qualcosa non ha funzionato e ora si ripensa a come farlo rivivere. 

Ritorna il Superbonus 110%. Il Decreto aiuti e il Decreto semplificazioni provano a segnare una nuova rotta con l’obiettivo di riconquistare la fiducia delle banche e di dare una spinta ai lavori di ristrutturazione.

Milano, Ansa

Ci sono novità anche per quanto riguarda le scadenze e la rotta verrà ritoccata, probabilmente, con il Decreto aiuti-bis. Il Superbonus, dunque, continuerà a essere una priorità per il prossimo governo, perché la questione non è ancora del tutto finita e dovrà essere riaffrontata in fase di preparazione della Legge di bilancio 2023, quindi entro la fine dell’anno 2022. Per capire cosa sta succedendo è opportuno partire dai problemi che hanno messo a rischio cittadini e imprese edili.

I difetti del Superbonus
ANSA, Milano, DANIEL DAL ZENNARO

Il Superbonus 110% consiste in una detrazione fiscale pari al 110% degli investimenti fatti per migliorare l’efficienza energetica e la resistenza sismica degli immobili. Le somme che rientrano nel criterio del bonus vengono restituite dal Fisco in quattro anni o, in alternativa, si può procedere allo sconto in fattura, la cessione a terzi o la cessione del credito fiscale. Quest’ultima opzione vede tra i protagonisti gli istituti di credito che liquidano gli importi ai richiedenti per poi compensare gli esborsi con i carichi fiscali. Questa si è rivelata essere la prima falla: gli istituti di credito hanno raggiunto la capienza fiscale e non hanno alcun interesse ad acquisire altri crediti. A complicare le cose è intervenuta nel frattempo la fragilità del bonus stesso, che ha permesso frodi per 5,6 miliardi (soprattutto ascrivibili però al Bonus facciate). Quindi le banche si sono trovate anche nella situazione di potere acquistare crediti non compensabili, perché frutto di operazioni illecite per le quali gli istituti di credito possono essere chiamati a rispondere in solido. Soprattutto questo ultimo aspetto ha fatto crollare la fiducia degli istituti di credito nei confronti del Superbonus. Se gli attori economici non vedono di buon occhio l’acquisto dei crediti fiscali, a soffrirne a cascata sono tutti gli altri attori, quindi imprese edili e i privati cittadini che hanno approfittato dell’agevolazione per ristrutturare gli immobili.

Le misure adottate e occhio al calendario

Gli istituti di credito possono cedere alle Partite Iva i crediti. Ovvero, possono vendere crediti alle aziende loro clienti. Un’azienda può comprare 1.000 euro di credito a una cifra scontata (per esempio 980 euro) e farne uso per pagare l’Iva. Questo però è possibile soltanto nei casi in cui le banche non possano cedere crediti ad altri soggetti vigilati. Anche questa affermazione necessita una spiegazione. Il Superbonus prevedeva in origine una sola cessione del credito, misura poi rivista con la legge 25 del 28 marzo 2022 che ha ampliato a tre il numero di cessioni possibili, a patto che queste avvenissero tra soggetti autorizzati. Un sistema a cascata che il decreto Semplificazioni rende applicabile anche alle cessioni precedenti al mese di maggio del 2022, al contrario di quanto previsto in precedenza. Misure che dovrebbero risvegliare l’appetito degli istituti di credito, insieme alla probabilità – che dovrebbe essere confermata dal Decreto aiuti-bis – di essere svincolati dalla responsabilità solidale a meno che non per colpa grave. Nel medesimo tempo queste nuove norme dovrebbero potere sbloccare i lavori in essere che sono rimasti in stallo. Per chi intende approfittare del Superbonus per ristrutturare la propria abitazione unifamiliare il tempo è esaurito. La scadenza ultima è il 31 dicembre 2022 ma a patto che il 30% dei lavori sia stato completato entro il 30 settembre 2022.

Edoardo Corasaniti

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