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Pensioni

Pensioni: tante riduzioni nel 2023 e arriva già quella dell’1% “che rabbia” come funziona

Nonostante la rivalutazione delle pensioni volute dal Governo Meloni, le pensioni degli italiani continueranno ad essere basse.

Quest’anno, infatti, parte con una riduzione dell’1%, per la rabbia di moltissimi pensionati che si aspettavano qualcosa di meglio.

riduzione dell’1% delle pensioni
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La rivalutazione delle pensioni era stata pensata come misura per rialzare il valore delle pensioni italiane dopo il stoccata data dall’aumento dell’inflazione. In seguito alla guerra in Ucraina, con la guerra energetica e le difficoltà dei trasporti delle materie prime, il tasso di inflazione non ha fatto che salire. La BCE ha addirittura dovuto cambiare drasticamente la propria politica monetaria, cominciando ad alzare i tassi di interesse, pur di mantenere sotto controllo il livello dell’inflazione. Ad oggi, tuttavia, l’inflazione rimane molto alta, precisamente a quota 8,1%. Il che fa sorgere dei dubbi sull’efficacia della rivalutazione delle pensioni proposta e attuata dal Governo di centrodestra guidato da Giorgia Meloni.

I preparativi per contrastare l’aumento dell’inflazione erano cominciati già con Mario Draghi. Ci si stava preparando negli ultimi mesi del suo governo a una massiccia rivalutazione delle pensioni, visto quanto era salita l’inflazione in quegli stessi mesi. La situazione era tanto grave che l’ex premier aveva messo in pratica un’anticipo del 2% della rivalutazione delle pensioni già ad ottobre, consapevole delle difficoltà che avrebbero incontrato i pensionati italiani se questa fosse arrivata, come previsto dalla legge, a gennaio. Con l’avvento del Governo Meloni e la Legge di Bilancio 2023, la rivalutazione delle pensioni è stata fissata al 7,3%, con delle severe riduzioni in base alle fasce di reddito. In pratica, tanto più alto è l’assegno pensionistico di un cittadino, tanto più bassa è la percentuale di rivalutazione applicata alla pensione stessa.

Rivalutazione al 7,3% contro inflazione all’8,1%, il potere d’acquisto cala comunque

Nonostante la rivalutazione fosse pensata per controbilanciare la spinta dell’inflazione, il 7,3% di rivalutazione si è dimostrato un valore insufficiente. Contro un tasso di inflazione oltre l’8%, la rivalutazione del 7,3% significa che comunque il valore delle pensioni rimane più basso dell’aumento dell’inflazione.

Considerando che si tratta di un adeguamento fatto appositamente per evitare questo, l’aumento si rivela insufficiente. Senza contare che in moltissimi non avranno nemmeno il completo aumento del 7,3%. Per contenere i costi dell’operazione, il Governo ha diviso i pensionati per fasce di reddito per dare a ognuno una percentuale diversa della rivalutazione.

riduzione dell’1% delle pensioni
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Diverse fasce di reddito per diversi aumenti

A differenza degli scorsi anni, le fasce di reddito sono aumentate da 3 a 6, e a ognuna di queste è stato assegnato un diverso aumento in base a quanto sono alte le pensioni:

  • 100% della rivalutazione per gli assegni fino a 4 volte l’assegno minimo INPS, pari a 2.100 euro lordi al mese;
  • 85% della rivalutazione per gli assegni fino a 5 volte l’assegno minimo INPS, pari a 2.626 euro lordi al mese;
  • 53% della rivalutazione per gli assegni fino a 6 volte l’assegno minimo INPS, pari a 3.150 euro lordi al mese;
  • 47% della rivalutazione per gli assegni fino a 8 volte l’assegno minimo INPS, pari a 4.200 euro lordi al mese;
  • 37% della rivalutazione per gli assegni fino a 10 volte l’assegno minimo INPS, pari a 5.250 euro lordi al mese;
  • 32% della rivalutazione per gli assegni superiori a 10 volte l’assegno minimo INPS.

La logica dietro a questa suddivisione sta nel fatto che, dovendo contenere i costi, è stata data precedenza ai pensionati con un reddito più basso. Il problema è che anche con il massimo della rivalutazione, il potere d’acquisto delle pensioni calerà comunque del 1% nel 2023, quindi per chi ha ricevuto un aumento minore perché di reddito alto sarà anche peggio.

Riccardo Magliano

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