Il dibattito sul salario minimo in Italia ormai è aperto ed estremamente acceso e il Presidente Meloni ha in mente una strategia chiara (che non è quella europea).
Eletta da pochissimo nuova segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein si è posta immediatamente come interlocutore privilegiato del Governo sul necessario incremento dei salari per far fronte dall’inflazione.
Nel corso di uno dei suoi primi question time, infatti, la Schlein ha apertamente chiesto al Presidente Meloni di varare una legge che introduca finalmente il salario minimo anche in Italia e che, contestualmente, assicuri un congedo parentale di 3 mesi ad entrambi i genitori. La richiesta della Schlein è perfettamente in linea con le direttive europee in materia di politiche economiche per i diritti dei lavoratori. L’UE ha infatti indicato ai Paesi membri la necessità di aumentare i salari dei lavoratori allo scopo di combattere la povertà e migliorare le condizioni di vita della popolazione. Va specificato però che l’Unione non ha fissato una soglia minima degli stipendi valido per tutti i Paesi, lasciando su questo completa libertà di manovra ai vari Stati.
Pur riconoscendo l’urgenza di innalzare la retribuzione di molti lavoratori italiani il governo ha però avanzato delle perplessità sulla questione. Giorgia Meloni ha spiegato che, a suo modo di vedere l’introduzione del salario minimo non è la soluzione al problema della povertà dei lavoratori e, al contrario, se introdotto potrebbe peggiorare la situazione economica di alcune categorie di lavoratori. Il governo Meloni propone allora di tagliare le tasse sul lavoro diminuendo il cuneo fiscale di 5 punti entro il 2027.
Anziché puntare direttamente all’innalzamento del salario, il Governo Meloni punterà quindi a ridurre la tassazione per le imprese. Secondo l’analisi di questo governo, infatti, la povertà dei salari è un problema strutturale che deriva dall’eccessiva pressione fiscale che in Italia grava su chi vuole fare impresa.
In pratica, se un imprenditore deve pagare tasse troppo alte, non dispone delle risorse economiche necessarie ad alzare i salari dei propri lavoratori. Per la Meloni è quindi necessario mettere gli imprenditori nelle condizioni di avere più risorse economiche libere da investire in una migliore retribuzione dei lavoratori.
Sull’altro versante però la Meloni si è detta favorevole a ampliare a un numero maggiore di lavoratori la contrattazione collettiva. Se la contrattazione collettiva fosse estesa anche a quei settori dove oggi non è presente, infatti, molti più lavoratori potrebbero godere delle sue tutele e, quindi, anche di una retribuzione minima migliore. Quello che è certo è che ormai la strada sembra spianata e, se non subito, nei prossimi anni anche i lavoratori italiani potrebbero contare su una legge che fissi il salario minimo.
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