Già si parla di penalizzati derivanti dallo stop della riforma pensione: il pericolo è che molti lavoratori restino senza senza pensione.
Senza la quota 41 per tutti cambierà poco e niente nel sistema pensioni per tanti lavoratori. Dopo vari proclami, il Governo Meloni non ha ancora formalizzato una riforma e non ha introdotto nuove misure di uscita dal lavoro. Allo stato delle cose, saranno tanti i lavoratori penalizzati per il 2024.
Pur confermando quota 103, Ape sociale e Opzione donna, resteranno in auge le misure di pensionamento ordinario, tra cui quelle già prorogate, con poche altra novità. Si era parlato di quota 41 per tutti o flessibilità a sessantadue anni di età, ma allo stato attuale a trionfare sono le penalizzazioni di chi per poco non rientra nella quota 103 e nemmeno nella quota 41 per i precoci.
In realtà esisterebbero alcune misure simili alla quota 41 per tutti, il problema è che sono indirizzate a una platea limitata. Le misure oggi in vigore che consentono la pensione con 41 anni di contributi non sono infatti per tutti. La quota 41, per esempio, riguarda invalidi, caregiver, lavori gravosi e disoccupati. Oppure bisogna che uno dei quarantuno anni di contributi sia antecedente il compimento dei diciannove anni di età.
Per la quota 103 non ci sarebbe alcun vincolo di platea, ma serve comunque arrivare a sessantadue anni di età. Dunque, non bastano per esempio quarantuno anni di contributi per chi ha sessantuno anni. Per contro, bastano trenta, tretadue o trentasei anni di contributi per invalidi, caregiver, lavori gravosi e disoccupati per l’Ape sociale (anche in questo caso serve la giusta età, cioè almeno sessantatré).
Le difficoltà oggettive del Governo nel trovare risorse per varare la quota 41 per tutti rischia di scontentare tantissimi lavoratori. Specie quelli che saranno allontanati dalla pensione dopo aver comunque raggiunto una ragguardevole età contributiva. Il fatto è che le misure di pensionamento anticipato oggi in vigore, alternative alle misure ordinarie, non sono eque né ben ideate.
Per risolvere tutti questi problemi il Governo dovrebbe mettere subito mano a una riforma. Ma i lavori sono di fatto bloccati. Il limite è di risorse, cioè di fondi, ma prima ancora organizzativo. Manca una visione equa e funzionale. Per ora, oltre a promesse e proclami, si è fatto davvero poco. L’incontro fra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni che si è svolto da poco si è concluso con un nulla di fatto. Al termine del tavolo tecnico la CGIL ha criticato il Governo: “Non abbiamo avuto alcuna risposta, non c’è stato nessun passo avanti“.
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