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Le donne potranno accedere alla pensione a 63 anni: le ipotesi della riforma su Opzione Donna

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Samanta Airoldi

Il Governo sta valutando di abolire o ridefinire i parametri di Opzione donna. L’età pensionabile potrebbe essere alzata a 63 anni.

Opzione donna, storica misura di prepensionamento introdotta dal secondo Governo di Silvio Berlusconi, potrebbe sparire definitivamente. Finite le vacanze, il Consiglio dei ministri è tornato a riunirsi per discutere della riforma delle pensioni. E, a breve, riprenderanno anche gli incontri con i sindacati. Se non si trova una soluzione fattibile e sostenibile per le casse statali, il rischio è un ritorno alla legge Fornero per tutti i lavoratori. Il chè significa lavorare minimo fino a 67 anni ma, in alcuni casi, anche oltre i 70.

Pensione con Opzione donna
Opzione donna potrebbe essere cancellata/ Ilovetrading.it

Infatti per poter andare in pensione con la legge Fornero non è sufficiente aver compiuto 67 anni e non è sufficiente nemmeno avere 20 anni di contributi: è necessario anche aver maturato un assegno previdenziale pari almeno a 1,5 volte l’importo dell’Assegno sociale. Diversamente l’Inps non vi darà la pensione. Come evitare tutto questo? Come evitare di inchiodare le persone al lavoro fino a 71 anni? Come evitare di immobilizzare il ricambio generazionale? L’Esecutivo ci sta ragionando da mesi. Purtroppo qualche misura di prepensionamento potrebbe saltare in favore di altre.

Opzione donna: ecco cosa cambierà

Sul tavolo del Governo le proposte sono tante. Ma tutto non si può fare anche perché, oltre a favorire le uscite anticipate dal lavoro, bisogna anche pensare alla rivalutazione delle pensioni per il prossimo anno.

Addio a Opzione donna
Opzione donna è troppo simile ad Ape sociale/ Ilovetrading.it

È già stata esclusa l’idea di estendere a tutti i lavoratori Quota 41. Sarebbe un passo troppo azzardato che costerebbe allo stato almeno 5 miliardi di euro. L’unica possibilità di ampliare questa misura a tutti è quella di ricalcolare tutti gli assegni con il sistema contributivo puro provocando, però, ingenti perdite. La misura che, però, più rischia è Opzione donna.

Opzione donna fu introdotta nel 2004 dal secondo Governo di Silvio Berlusconi ma non è mai diventata strutturale. Fino al 2022 potevano accedere alla pensione anticipata con Opzione donna tutte le lavoratrici- dipendenti e autonome- a 58 anni di età. Con la legge di Bilancio 2023, il Governo Meloni ha ristretto la platea delle beneficiarie alzando l’età pensionabile da 58 anni a 60 e rendendo possibile l’accesso al pensionamento solo a tre categorie di lavoratrici: caregiver, disabili con invalidità pari almeno al 74%, dipendenti di aziende in crisi.

Requisiti molto simili a quelli richiesti da Ape sociale. Talmente simili che il Governo potrebbe decidere di abolire Opzione donna e di far confluire su Ape sociale tutte le richieste di prepensionamento. Con Ape sociale, però, l’età pensionabile verrebbe alzata ulteriormente a 63 anni. Tuttavia il requisito contributivo non sarebbe più di 35 anni- come con Opzione donna- ma solo di 30. Ape sociale presenta però degli svantaggi: non è soggetta a rivalutazione annua, non prevede né la tredicesima né la quattordicesima e, soprattutto, l’assegno previdenziale non può mai superare 1500 euro al mese.

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