Se i famigliari non accettano l’eredità del deceduto, sul quale pende ancora però la riscossione del TFR, cosa succede? Ecco cosa dice la legge a riguardo.
Solitamente, il rifiuto del patrimonio ereditario di un caro deceduto da parte dei famigliari avviene in circostanze debitorie più o meno gravose. Tuttavia, può capitare che il decesso sia avvenuto quando il caro era attivo ed in servizio come lavoratore dipendente. A questi, dunque, spetta un trattamento di fine rapporto: ma se i famigliari hanno rifiutato l’eredità, chi ne avrà diritto di riscossione?
Ebbene, l’articolo del Codice Civile che disciplina la materia è il numero 2122. In esso viene stabilito che, nei casi di sopraggiunta morte del prestatore di lavoro, le indennità spettanti debbano essere corrisposte al coniuge ed ai figli ove presenti. Inoltre, nel caso in cui vivessero a carico del deceduto, anche ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo. Tuttavia ciò non dipana completamente la questione.
In quanto alle conseguenze della rinuncia al patrimonio ereditario, l’articolo del Codice Civile va, infatti, rapportato all’articolo 12 del Decreto Legislativo 346 del 31 Ottobre 1990: in base ad esso, le somme maturate a titolo di trattamento di fine rapporto non vanno computate nel patrimonio ereditario del defunto e dunque non confluiscono in esso. E non solo, perché la giurisprudenza prevede altri diritti e doveri a riguardo.
Lo “iure proprio” stabilito dalla giurisprudenza riguardo all’asse ereditario
In base ad un univoco orientamento di tipo giurisprudenziale espresso da sentenze emesse sulla questione, la giurisprudenza ha introdotto il principio di “iure proprio” nella vertenza relative ai patrimoni ed agli assi ereditari. Per iure proprio si intende che le somme di indennità eventualmente spettanti – come il TFR, il Fondo Nazionale di Pensione Complementare ed i contributi – sono un danno patito in modo diretto dai famigliari del deceduto.
Tale danno è da compensare a prescindere dall’asse ereditario e, dunque, dall’aver accettato o meno il patrimonio spettante (anche, chiaramente, di tipo debitorio). E, proprio a causa dell’inesistenza di legame tra le due condizioni, la compensazione non comporta come conseguenza l’accettazione dell’eredità.
Inoltre, quando i famigliari ottengono le indennità spettanti al caro deceduto dopo aver rifiutato l’eredità tramite regolare atto notarile o attraverso le Cancellerie territoriali competenti, in caso di condizione debitoria i creditori non potranno rivalersi dei debiti del deceduto sui famigliari superstiti rivendicando le somme ottenute iure proprio.