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Ho trovato un prelievo di 1.000 € sul conto corrente, ho subito bloccato la carta e chiesto il rimborso alla banca: ecco la risposta

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Gerardo Marciano

Una mattina come tante, si apre l’app della banca e qualcosa non torna. Il saldo è più basso di mille euro. Nessuna spesa apparente, solo un prelievo mai effettuato. Il panico è immediato, così come la sensazione di essere stati truffati. Inizia la trafila tra blocco della carta, denuncia, attese. Ma quando la banca rifiuta il rimborso, tutto cambia. Non basta subire il danno: si rischia anche di essere considerati colpevoli. Cosa succede davvero in questi casi? E cosa dice la legge sui prelievi non autorizzati?

In momenti così, è difficile restare lucidi. Ci si sente violati, impotenti, arrabbiati. Si prova a ricostruire gli ultimi movimenti, a cercare una falla. Una piccola svista, un gesto abituale che all’improvviso diventa l’anello debole. Non è solo una questione di denaro: è la fiducia che vacilla.

Persona disperata che urla
Ho trovato un prelievo di 1.000 € sul conto corrente, ho subito bloccato la carta e chiesto il rimborso alla banca: ecco la risposta-ilovetrading.it

Fiducia nel sistema, nei controlli, nei propri automatismi. Spesso la prima reazione è quella di credere che si tratti di un errore tecnico. Poi arriva la conferma: il prelievo è stato eseguito con carta e PIN corretti. E da lì inizia una battaglia fatta di documenti, ricorsi e normative poco conosciute.

Prelievo regolare, ma autorizzazione mancante: il nodo del PIN

Quando un prelievo bancomat non autorizzato avviene senza apparenti anomalie, la banca tende a ritenerlo valido. Se carta e PIN sono stati utilizzati correttamente, il sistema lo considera un’operazione genuina. Ma se chi ha effettuato il prelievo non è il titolare, qualcosa evidentemente non torna. In questi casi, secondo il d.lgs. 11/2010, il cliente ha diritto al rimborso, a meno che non abbia agito con colpa grave.

Persona che ha fatto un prelievo bancomat non autorizzato
Prelievo regolare, ma autorizzazione mancante: il nodo del PIN-ilovetrading.it

Ed è proprio questa espressione a creare i maggiori problemi. In un caso discusso davanti all’ABF, un correntista ha subìto un prelievo di 1.000 euro pochi minuti dopo aver smarrito il portafoglio. La banca ha negato il rimborso perché l’operazione era stata fatta con il corretto inserimento del PIN. Il cliente ha ammesso di tenere carta e codice nella stessa tasca. Questo dettaglio è bastato per considerarlo responsabile, con la conseguente perdita del diritto al rimborso.

La normativa è chiara, ma non sempre favorevole

La legge prevede che in caso di operazione fraudolenta, la banca debba restituire l’importo sottratto, trattenendo una franchigia di 150 euro. Tuttavia, se emerge una negligenza significativa, questa protezione salta del tutto. Ecco perché ogni piccolo comportamento può fare la differenza: un codice scritto su un foglietto, una password troppo semplice, la carta lasciata incustodita.

Anche la tempistica è cruciale. Il cliente ha tempo fino a 13 mesi per contestare l’addebito, ma più si attende, più diventa difficile provare la propria correttezza. Se la banca rifiuta il rimborso, ci si può rivolgere all’Arbitro Bancario Finanziario o intraprendere un’azione legale, ma entrambi i percorsi richiedono tempo e documentazione precisa.

Alla fine, è chiaro che l’elemento umano fa la differenza. La tecnologia è precisa, ma non sempre giusta. Basta un attimo di disattenzione per trasformare una semplice dimenticanza in una perdita economica pesante.

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