Una misura in arrivo scuote il Nord Italia: tra divieti e incentivi, si profila un cambiamento radicale nella mobilità quotidiana. Le giornate feriali, fino ad oggi scandite dal rumore dei motori diesel, potrebbero presto cambiare volto. Ma non si tratta solo di ambiente e traffico. In gioco c’è molto di più. Cosa succede quando una norma entra nella vita di migliaia di persone senza preavviso sufficiente?
E quando una macchina ancora “giovane” viene trattata come un relitto? Le reazioni non si fanno attendere, tra chi teme di restare a piedi e chi guarda ai bonus con scetticismo. Ma cosa c’è davvero dietro questo stop? E quanto sarà concreta l’alternativa promossa dalle istituzioni? Il conto alla rovescia è partito. Le domande, pure.
Le città del Nord, nei giorni feriali, sono attraversate da un flusso continuo di auto. Molte di queste sono diesel Euro 5, veicoli che, fino a poco tempo fa, rappresentavano un compromesso accettabile tra consumi ed emissioni. Ora, invece, stanno per finire nel mirino di una delle misure ambientali più controverse degli ultimi anni. A partire dal primo ottobre 2025, nei comuni con più di 30.000 abitanti di regioni come Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, le auto diesel Euro 5 non potranno più circolare liberamente nelle fasce orarie diurne, dal lunedì al venerdì. Una decisione che cambia le abitudini di migliaia di famiglie e lavoratori, spesso senza alternative immediate.
Il provvedimento, nato per ridurre le emissioni in aree ad alta densità, rischia di penalizzare proprio chi si è affidato a veicoli ancora efficienti. Le auto Euro 5, immatricolate tra il 2011 e il 2015, rappresentano una quota significativa del parco circolante. Per molti automobilisti, sostituirle ora significa affrontare una spesa non prevista, in un momento economico non semplice. Il blocco sarà attivo nei giorni feriali, dalle 8:00 alle 18:30, ossia quando l’uso dell’auto è spesso indispensabile. A rendere più incerta la situazione, ci sono ancora dubbi su eventuali deroghe o rinvii.
Alcune forze politiche stanno infatti cercando di ottenere una revisione della misura, considerate le difficoltà oggettive per tante famiglie. Ma la direzione sembra chiara: abbattere le emissioni nocive, anche a costo di impattare sulla quotidianità. Questo ha sollevato molte polemiche, perché il provvedimento sembra colpire indiscriminatamente chi non ha ancora finito di pagare l’auto, o chi non ha risorse per passare a una vettura nuova. In mezzo a tutto ciò, resta la necessità di trovare un equilibrio tra ambiente e sostenibilità sociale.
A fronte dello stop, il governo ha annunciato un piano incentivi da quasi 600 milioni di euro, valido fino a giugno 2026. I bonus sono legati all’ISEE: fino a 11.000 euro per chi ha un reddito sotto i 30.000 euro, con la rottamazione di un veicolo vecchio. Fino a 9.000 euro per chi rientra nella fascia 30.000–40.000. Tuttavia, non è ancora chiaro se anche le Euro 5 diesel saranno accettate per ottenere questi contributi. Senza questa possibilità, molti potrebbero restare esclusi proprio dalla misura pensata per aiutare.
Le auto elettriche e ibride plug-in sono al centro del piano, ma non tutti possono permettersi un veicolo di ultima generazione, nemmeno con l’incentivo. Le microimprese, invece, avranno accesso a un contributo fino al 30% del valore del mezzo, se rispettano precisi criteri. Anche qui, però, non mancano ostacoli burocratici e incertezze. Il vero punto critico resta l’accessibilità.
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