Andare in pensione 10 anni prima con solo 20 anni di contributi può sembrare un sogno, ma è una possibilità concreta e poco pubblicizzata. C’è uno strumento che, se usato con consapevolezza, può cambiare il futuro di molti lavoratori in difficoltà. Non richiede contributi impossibili, né strategie complicate.
Bastano alcuni requisiti specifici e la voglia di guardare oltre le strade più conosciute. Nessun privilegio: è una misura pensata per chi ha alle spalle carriere interrotte, periodi di disoccupazione o semplicemente desidera uscire dal lavoro prima. Un aiuto vero, che può garantire un reddito mensile anche dieci anni prima della pensione di vecchiaia.
Ogni volta che si parla di pensioni, si pensa subito ai 67 anni. Ma non tutti riescono ad arrivarci in piena attività. Molti si trovano con vent’anni di contributi e una carriera ormai conclusa. Eppure c’è chi, in questa situazione, riceve già un assegno mensile, legalmente, senza dover aspettare la pensione statale. Basta aver aderito per tempo a un fondo pensione complementare e conoscere l’esistenza della RITA, la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Uno strumento che pochi conoscono ma che può fare la differenza tra l’ansia del “come arrivo a fine mese” e la tranquillità di un’uscita dal lavoro più serena.
La RITA è una rendita mensile erogata dai fondi pensione o dai Piani Individuali Pensionistici. Non è una pensione vera e propria, ma un’anticipazione parziale e regolata del capitale accumulato nel corso della carriera. Chi ha almeno 20 anni di contributi nei regimi obbligatori e ha aderito a una previdenza complementare da almeno 5 anni può richiederla fino a 5 anni prima della pensione. Se si è disoccupati da almeno 24 mesi, l’anticipo può arrivare a 10 anni.
Il capitale si può convertire in una rendita mensile, anche solo in parte, mantenendo il resto investito. In questo modo, la persona riceve un flusso di reddito stabile fino al compimento dell’età pensionabile. Facendo un esempio concreto: con 150.000 euro nel fondo e scegliendo di ricevere la RITA per 3 anni, l’assegno mensile lordo potrebbe superare i 4.000 euro. In pratica, si divide il capitale per il numero di mesi in cui si vuole ricevere la rendita. Se invece si decide di diluire l’importo su più anni, la rata mensile sarà ovviamente più bassa.
Dal punto di vista fiscale, la RITA è tassata con un’aliquota agevolata che parte dal 15% e può scendere fino al 9%. Decisamente più vantaggiosa rispetto all’IRPEF standard applicata alla pensione pubblica.
Uno degli aspetti più interessanti della RITA è la sua flessibilità. Si può scegliere quanto prelevare, per quanto tempo e con quale frequenza ricevere il reddito (mensile, trimestrale, ecc.). Inoltre, non è incompatibile con altri strumenti, come la NASpI o un eventuale rientro temporaneo nel mondo del lavoro.
È una misura che si adatta ai percorsi di vita reali, quelli fatti di cambiamenti, difficoltà, lavori a termine o interruzioni. Non è pensata per pochi, ma per chi ha saputo mettere da parte un capitale previdenziale, anche minimo, e ora vuole usarlo per anticipare il momento del ritiro.
Guardare alla RITA come a una semplice “alternativa” alla pensione pubblica è riduttivo. È una strategia intelligente, accessibile e spesso più efficace per gestire la fase di transizione tra lavoro e pensione.
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