È possibile che un semplice documento cambi il destino di un immobile? Cosa accade quando le procedure si fanno più snelle e trasformare un ufficio in abitazione diventa davvero accessibile? In un momento in cui le città cercano di riutilizzare spazi già costruiti e il bisogno di case aumenta, una norma interviene con l’obiettivo di ridurre la burocrazia. Il cambiamento non riguarda solo tecnici e professionisti del settore, ma anche chi desidera dare nuova vita a immobili abbandonati. Una riforma che ha fatto discutere e che si presenta come un passaggio chiave per rigenerare interi quartieri, restituendo funzionalità a edifici inutilizzati.
In Italia sono molti gli immobili che hanno perso la loro funzione originaria e restano in disuso. Gli uffici, in particolare, rappresentano una grande occasione di riconversione: ambienti spesso centrali e già collegati ai servizi, che potrebbero trasformarsi in abitazioni senza la necessità di costruire nuovi edifici.
Ma finora la burocrazia ha rallentato questi processi, scoraggiando chi voleva intraprendere interventi anche semplici. Con la nuova normativa, le prospettive cambiano: tempi più brevi, procedure semplificate e meno vincoli per le trasformazioni meno invasive. Un’opportunità che potrebbe incidere in modo significativo sull’assetto urbano e sull’offerta abitativa.
Il Decreto Salva Casa (DL 69/2024 convertito in L. 105/2024) ha semplificato l’articolo 23-ter del Testo Unico Edilizia, agevolando il cambio di destinazione d’uso degli immobili. Oggi, se non si interviene sulla struttura portante o sul volume, non serve più il permesso di costruire: basta una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Per piccoli lavori, come lo spostamento di tramezzi interni, si può allegare una CILA, evitando ulteriori complicazioni.
Il permesso di costruire resta invece obbligatorio se i lavori coinvolgono parti strutturali, modifiche della sagoma, aperture di nuove finestre o l’aumento del numero di unità immobiliari. In questo modo, la legge distingue tra interventi leggeri e lavori più complessi, riducendo il carico burocratico solo per i primi.
Una delle novità più rilevanti è il silenzio-assenso: trascorsi 30 giorni dalla presentazione della SCIA senza interventi del Comune, il cambio di destinazione diventa automaticamente valido. L’annullamento è possibile solo entro 12 mesi e deve essere motivato da un interesse pubblico concreto. Il Ministero delle Infrastrutture ha chiarito inoltre che i Comuni non possono introdurre limiti ingiustificati, se non per ragioni proporzionate e specifiche. Questo principio riduce l’incertezza che per anni ha accompagnato chi tentava di riconvertire un immobile.
Gli effetti concreti si notano subito: un professionista con un ufficio che non richiede lavori può convertirlo in abitazione presentando una SCIA e attendendo 30 giorni. Se deve spostare pareti interne non portanti, basta aggiungere una CILA alla pratica. Diverso è il caso di interventi che modificano la facciata, la sagoma o il numero di appartamenti, che richiedono ancora il permesso di costruire. Questo approccio modulare consente di adeguare la procedura alla complessità dell’intervento, evitando di appesantire pratiche semplici con iter lunghi.
Il Decreto Salva Casa non è solo un aiuto per i singoli proprietari: favorisce la rigenerazione urbana, valorizzando immobili inutilizzati e contenendo il consumo di suolo. Si tratta di una risposta concreta alla crescente domanda abitativa, soprattutto nei centri urbani dove la disponibilità di nuove aree edificabili è ridotta. Resta però essenziale verificare la compatibilità urbanistica dell’immobile e affidarsi a tecnici qualificati per gestire correttamente le pratiche. Questa semplificazione apre a nuovi scenari: potrà davvero trasformare interi quartieri, restituendo vita a spazi che altrimenti resterebbero vuoti?
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