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Licenziamenti addio: la nuova normativa li rende impossibili “i trucchetti diventano illegali”

Rinaldo Ricci

Una sentenza mette luce sul licenziamento fatto in modo non proprio trasparente. Ora i ‘trucchetti’ non sono più ammessi.

Un conto è licenziare un dipendente per giusta causa o per causa di forza maggiore, un altro è farlo con la scusa di ridimensionare il personale, salvo poi…

uomo preoccupato
Licenziamenti addio: la nuova normativa li rende impossibili “i trucchetti diventano illegali” – ilovetrading.it

Spieghiamo intanto cosa significa un termine giuridicamente utilizzato (non si spiega perché non in italiano): il repêchage. Basterebbe chiamarlo ripescaggio, perché questo significa. Consiste in un obbligo che impone al datore di lavoro, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di verificare se ci siano altre posizioni disponibili all’interno dell’azienda dove il lavoratore licenziato possa essere ricollocato, anche con mansioni diverse o inferiori, prima di procedere al licenziamento vero e proprio.

Ma qualcuno evidentemente ci ha giocato su questa norma se è vero che un lavoratore ha intentato una causa e c’è una sentenza della Corte di Cassazione. La sentenza rappresenta una lezione importante sulla differenza tra un repêchage finto, fatto pro-forma per liberarsi di un dipendente, e l’obbligo sostanziale di agire con correttezza e buona fede. Una buona notizia per i lavoratori, insomma. Cosa dicono gli Ermellini.

Licenziamento senza ripescaggio: la Cassazione contro i ‘furbetti’

Il caso riguarda un operaio con 20 anni di anzianità, la cui posizione lavorativa viene chiusa e l’azienda gli propone una ricollocazione in altre mansioni, adempiendo dunque all’obbligo di repêchage. Ma c’è il trucco.

ragazza licenziata esulta
Licenziamento senza ripescaggio: la Cassazione contro i ‘furbetti’ – ilovetrading.it

Il lavoratore, però, ha necessità di un orario specifico con turni programmati che gli permettano di usufruire dei permessi ex Legge 104/92 per assistere la moglie con una grave invalidità. Le offerte dall’azienda, però, hanno tutte un orario diverso, incompatibile con le sue esigenze di cura. Il Lavoratore allora si dichiara anche disposto ad accettare mansioni inferiori allo scopo di mantenere i suoi turni, di fronte al rifiuto dell’azienda di venirgli incontro, è costretto a rifiutare le offerte e l’azienda lo licenzia. Qualcuno lo ha chiamato repêchage finto, poiché l’azienda rispetta l’obbligo ma solo sulla carta, facendo un’offerta che sa che il lavoratore non potrà accettare, in parole povere un pretesto formalmente valido per effettuare il licenziamento.

La difesa del dipendente esibendo il Libro Unico del Lavoro (LUL) dell’azienda, evidenzia che, subito dopo il suo licenziamento, l’azienda aveva assunto tre nuovi dipendenti, inserendoli in posizioni con mansioni compatibili e, soprattutto, con lo stesso identico orario del suo assistito. La Cassazione, rivede la sentenza d’appello e annulla il licenziamento, fondando il suo ragionamento non solo sulla violazione tecnica dell’obbligo di repêchage, ma anche sul principio della violazione dei doveri di correttezza e buona fede. Secondo la Corte, un datore di lavoro non può agire in modo pretestuoso o sleale, offrire consapevolmente soluzioni inaccettabili a un dipendente, nascondendo l’esistenza di alternative valide che vengono poi offerte a nuovi assunti.

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