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Quando la fiducia viene tradita: il tribunale condanna l’amministratore che non agisce contro i debiti

Gerardo Marciano

Una storia di ordinaria amministrazione che, però, è finita davanti a un giudice. Perché un conto è gestire incassi e spese, un altro è ignorare crediti non riscossi e lasciare che le morosità crescano senza alcuna azione. Non sempre ci si rende conto che dietro a quelle “piccole” omissioni ci sono conseguenze pesanti, sia economiche che legali.

Un condominio non è solo un edificio: è una comunità che si regge su regole condivise, equilibri delicati e soprattutto sulla fiducia riposta in chi amministra. E quando questa fiducia viene tradita? Si può davvero chiudere un occhio, anche se il danno ricade su tutti? Una recente vicenda giudiziaria ha rimesso al centro questo tema, con una decisione che va oltre il singolo caso, perché tocca questioni di principio: responsabilità, trasparenza e il dovere di agire nell’interesse comune.

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Quando la fiducia viene tradita: il tribunale condanna l’amministratore che non agisce contro i debiti-ilovetrading.it

È qui che emergono domande importanti, che riguardano tanto chi amministra quanto chi vive questi spazi condivisi: fino a che punto si può tollerare l’inerzia? E quando diventa necessario rivolgersi ai tribunali per ristabilire le regole del gioco?

Quando l’inerzia costa caro: la sentenza che mette in guardia sugli obblighi degli amministratori

La sentenza n. 1975 dell’11 giugno 2025 del Tribunale di Nocera Inferiore ha acceso i riflettori su un tema spesso sottovalutato: l’amministratore che non recupera i crediti condominiali in modo tempestivo può essere chiamato a risarcire i danni al condominio. Nel caso concreto, il giudice ha accertato che l’ex amministratrice non aveva intrapreso alcuna azione – niente diffide, nessun decreto ingiuntivo – lasciando che le morosità crescessero senza controllo.

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Quando l’inerzia costa caro: la sentenza che mette in guardia sugli obblighi degli amministratori-ilovetrading.it

Questa inattività è stata letta come una violazione grave del mandato fiduciario, perché l’articolo 1710 del codice civile impone al mandatario di agire con la diligenza del buon padre di famiglia. A peggiorare la situazione, il tribunale ha sottolineato che tale inerzia aveva aggravato la situazione debitoria del condominio, portando a contenziosi che potevano essere evitati. Il giudice ha quindi riconosciuto il diritto al risarcimento, pur rinviando a un separato giudizio la quantificazione precisa del danno, secondo quanto previsto dall’articolo 1226 c.c. A ciò si aggiunge la condanna alla restituzione dei compensi percepiti dopo la revoca dall’incarico, ritenuti privi di qualsiasi giustificazione e senza autorizzazione assembleare.

Le conseguenze concrete di una gestione negligente e cosa cambia per il futuro

Questa pronuncia non è solo un richiamo formale: incide sulle prassi quotidiane di chi amministra. Significa che, quando si è a conoscenza di morosità, non è sufficiente “segnalarle”: serve agire subito, con gli strumenti che la legge mette a disposizione, dalle diffide ai decreti ingiuntivi. È un avvertimento per i professionisti che vedono questo ruolo come puramente burocratico: la gestione di un condominio richiede tempestività, trasparenza e attenzione costante agli interessi della collettività. Ma è anche un messaggio ai condòmini, che non devono restare passivi: conservare documenti, richiedere rendiconti chiari, vigilare sull’operato dell’amministratore diventa una forma di tutela condivisa. In sostanza, questa sentenza è un richiamo a non abbassare la guardia, perché l’inerzia, nel tempo, si paga cara e spesso più di quanto si possa immaginare.

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