La tregua è finita e a settembre partono 60 milioni di cartelle. Il fisco è diventato una macchina che va a pieno regime. Anzi una sorta di Vulcano pronto ad esplodere.
Su questo vulcano era stato messo un tappo e questo tappo era stato messo precisamente l’8 marzo 2020. Il ministro dell’economia è stato chiaro. Le casse dello strato sono disastrate a causa di lockdown, covid e bonus concessi a raffica. Bisogna fare cassa e bisogna ridurre il Tax Gap. D’altra parte ce lo chiede anche l’Europa. E allora il fisco agisce a tutto campo. Si dota di tanto personale extra, utilizza nuovi sofisticati algoritmi che vanno ad analizzare movimenti di danaro apparentemente banali per capire se rientrano in uno schema. E punta molto sulla compliance vale a dire l’invito al cittadino a mettersi in regola. A mettersi a posto: a dimostrare di essere in regola o altrimenti di provvedere con ravvedimento operoso.
Le cartelle in partenza sono tantissime perché il covid aveva imposto al precedente esecutivo di congelare il tutto per evitare un crollo verticale dell’Economia e perché gli uffici erano chiusi. Ma adesso c’è fiducia in un ritorno alla normalità e questo significa anche doversi rimettere in pari con tutto il lavoro che era stato accantonato.
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Il governo ha elevate aspettative sulla riduzione della Tax Gap e questa alluvione di cartelle è il primo passo per andare in quella direzione.
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Gli strumenti sono potenzialmente sempre più penetranti ed intrusivi tanto che spesso gli incroci di database permessi dalla tecnologia incontrano lo stop dell’autorità garante della privacy. Insomma questa alluvione di cartelle non è solo un accumulo di arretrati ma l’inizio di un nuovo attivismo del fisco.
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