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Le banche centrali dicono e non fanno: se toccano i tassi crolla tutto

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Salvatore Dimaggio

Le banche centrali sono sotto gli occhi di tutti gli investitori del pianeta. E questa non sarebbe una novità, anzi diciamo che è la norma.

Il problema è che ormai le scuse per tenere in piedi tutto il baraccone delle politiche ultrespansive stanno veramente terminando. L’emergenza del covid sta progressivamente rientrando, l’epoca del denaro facile non ha più davvero alcuna ragione per rimanere e soprattutto l’inflazione sta aumentando. Di conseguenza i tassi a zero e gli acquisti massicci sul mercato non possono essere giustificabili all’infinito. Le banche centrali dicono di voler cominciare a stringere i cordoni della borsa ma in realtà nessuna si sta concretamente muovendo da questo punto di vista. Powell timidamente ha fatto uscire qualche minuta della Fed nella quale si dice che potrebbe cominciare un tapering che però non toccherebbe i tassi.

Un tapering timido

E questo è stato il più grande atto di coraggio visto sinora. Intendiamoci, i timori dei banchieri centrali sono comprensibili. Nel momento in cui dovrebbero cominciare a dare l’idea di voler fare sul serio nello stringere sugli aiuti infiniti al mercato c’è il serio rischio di panico e di crollo verticale. Già all’inizio dell’insediamento di Powell un paio di parole fuori posto fecero imbizzarrire parecchio i mercati. Eppure questa situazione non potrà durare per sempre.

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Sia la Fed che la BCE sembrano annunciare potenziali inizi di ritorni alla normalità per preparare l’atmosfera, ma nessuno vuole muovere un muscolo. Sicuramente la riduzione timida di acquisti della Fed sarà un banco di prova.

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Bisognerà misurare con attenzione quanto si imbizzarrisce il mercato per capire se si potrà fare un passettino in più.

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