I tempi imposti dall’Europa per dire addio alla produzione di auto a benzina e a diesel mettono a rischio l’economia italiana.
La conversione green in tempi troppo rapidi rischia di andare a beneficio di pochi ma a svantaggio di molti, soprattutto delle classi meno agiate.
“Lo stop alle auto diesel e benzina dal 2035 decretato dal Parlamento europeo è il frutto a mio avviso di una visione miope, ancora ideologica, che prescinde dalla realtà, come se nulla fosse accaduto nel frattempo“. A dirlo è il ministro per le Imprese ed in Made in Italy, Adolfo Urso, che ora punta a sfruttare la clausola di revisione che matura nel 2026 e intanto dice no ai nuovi motori Euro7.
Urso spiega che la guerra in corso tra Russia e Ucraina dovrebbe averci insegnato che non si può dipendere da altri: ieri dalle fonti fossili russe, oggi dalla tecnologia green cinese. Il ministro per le Imprese ribadisce che dobbiamo avere una visione più adeguata alla realtà, per cambiarla davvero, innovando senza distruggere.
Che fare allora? Continuare con benzina e diesel? No. Ma a detta del ministro Adolfo Urso è necessario graduare meglio le tappe ed essere più flessibili nelle modalità: per esempio per quanto riguarda l’uso del biocombustibile, poi del biometano, quindi dell’idrogeno. L’elettricità non è una religione ma una tecnologia e nel 2026 si potrà rivedere l’accordo con una nuova Commissione ma è necessario mettere da parte ogni ideologia e avere un approccio neutrale sulla tecnologia da usare. A detta di Urso stiamo vivendo in un periodo di troppo furore ideologico senza tener conto delle ricadute. Infatti l’automotive rappresenta circa il 20% del Pil italiano, oltre 260 mila lavoratori, su essa è nato il miracolo economico del dopoguerra.
In Italia ci sono almeno 70 mila posti di lavoro a rischio nella filiera dell’automotive. La svolta green – con queste tempistiche così rapide e incalzanti- rischia di andare a beneficio di pochi ma a a danno di molti autoveicoli. Il Governo ha stanziato quasi 4 miliardi per gli incentivi all’acquisto. La parte più significativa degli acquisti è andata alle autovetture Stellands, ma circa la metà riguarda modelli prodotti dall’azienda in stabilimenti all’estero. In pratica con i soldi degli italiani è stato incentivato il lavoro in altre parti d’Europa. Urso ha precisato: “Con il denaro di tutti abbiano aiutato i pochi che potevano già permettersi di comprare le auto elettriche. La “rivoluzione elettrica” non può trasformarsi nel nostro Paese in un beneficio per pochi e in un danno per molti. Non è un “ballo in un salotto” per chi vive nelle Ztl”.
Nel 2026 si apre la finestra per una possibile revisione del piano con una nuova Commissione e un nuovo Parlamento europeo. Il Governo italiano dovrà essere pronto a nuove alleanze. Nel frattempo l’Esecutivo di Giorgia Meloni è impegnato ogni giorno nell’accelerare la riconversione produttiva ma è necessaria maggiore flessibilità sull’uso delle risorse comuni per concentrare gli investimenti sulle tecnologie green e digitali: batterie, accumulatori, semiconduttori, carbone di silicio, intelligenza artificiale e ovviamente rete elettrica e colonnine da ricarica.
Dopo le auto, stop a diesel e benzina anche per bus e camion: altri problemi in vista. “Siano già impegnati su questo dossier sin dai primi giorni di legislatura. Ne ho già parlato a Bruxelles e sarà oggetto anche dei prossimi incontri di lunedì con Habeck a Berlino e poi con Le Maire a Roma. Dobbiamo creare un fronte comune per gestire la transizione“- ha concluso il ministro.
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