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Economia

Recovery, l’Europa ci concede altri tre anni ma impone vincoli pesantissimi

L’Europa ci concede tre anni in più per il Recovery. Un’aggiunta di tre anni per realizzare i progetti del Pnrr. Ma i vincoli imposti sono pesanti. 

Il Governo di Giorgia Meloni si porta a casa una bella conquista: grazie ad un “trucchetto” dell’Esecutivo, l’Unione europea ha concesso all’Italia altri tre anni per realizzare quei progetti del Pnrr – Piano nazionale di ripresa e resilienza- che non potranno essere completati entro il 2026.

La commissione europea da all’Italia 3 anni per il Recovery/ Ilovetrading.it

Il 2026 era stata fissata come data limite entro la quale spendere tutti i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ma l’Italia ha ottenuto tre anni in più. Autorevoli fonti della Commissione europea spiegano che il «trucco» ideato dal Governo italiano – cioè trasferire una serie di investimenti del Pnrr sotto il cappello della Coesione — è fattibile. A patto ovviamente che si rispettino alcuni vincoli, tra cui la chiave di ripartizione delle risorse tra le regioni italiane e l’obbligo di cofinanziare quei progetti con una quota di fondi nazionali.

L’Europa avverte però che le richieste di modifica da parte dell’Italia dovranno essere giustificate da circostanze oggettive che rendano effettivamente impossibile realizzare determinati progetti entro il 2026. Tra le circostanze oggettive la prima potrebbe essere la carenza di materie prime». In quel caso, gli Stati potranno chiedere di usare i fondi del Pnrr per fare altri investimenti da chiudere entro il 2026 e al tempo stesso di finanziare la realizzazione di quei progetti con le risorse destinate alla politica di coesione, risorse che, invece, possono essere spese fino al 2029. Nel farlo, però, non bisognerà alterare la distribuzione delle risorse tra le regioni. Ciò, quasi inevitabilmente, penalizzerà le regioni del Nord a vantaggio del Sud il quale riceve più fondi dalla coesione.

I vincoli da rispettare

Non solo. L’Europa concede tre anni ma impone anche di rispettare le regole relative al cofinanziamento. Vuol dire che i progetti del Pnrr, in caso di passaggio sotto il cappello della coesione, dovranno essere parzialmente finanziati con risorse nazionali.

La premier Giorgia Meloni – Ilovedtrading.it

I fondi nazionali dovranno coprire almeno il 15% per le regioni meno sviluppate, 40% per quelle in transizione e 60% per quelle più sviluppate.  Il Consiglio europeo ha dato il via libera definitivo al regolamento del RePowerEU, che mette a disposizione ulteriori risorse per aggiungere al Pnrr un capitolo dedicato alla sicurezza e all’autonomia energetica. Nel regolamento si legge che la Commissione «incoraggia» gli Stati a presentare i piani rivisti, completi di RePowerEU, entro il 30 aprile ma specifica che non si tratta di una scadenza giuridicamente vincolante.

Teoricamente, i piani modificati potrebbero arrivare a Bruxelles anche entro l’estate, ma il rischio è che poi non ci sia più tempo per spendere i soldi. Una volta presentati alla Commissione, infatti, i piani dovranno essere esaminati e potrebbero servire circa tre mesi. Ma entro il 31 dicembre 2023 — e questa è una scadenza vincolante — bisognerà impegnare tutte le risorse: il 100% dei prestiti e il restante 30% delle sovvenzioni. Il tempo, insomma, stringe.

Non è ancora finita: entro la fine  del 2023 l’Italia dovrà anche spendere tutti i fondi di coesione del precedente quadro finanziario pluriennale 2014-2020: si tratta di progetti dal valore di 29,9 miliardi di euro, di cui 19,9 miliardi finanziati dal bilancio Ue. Se non vengono spesi entro la fine dell’anno andranno persi. L’Italia potrà utilizzare una piccola parte di questi fondi – circa 3,5 miliardi – per finanziare interventi nel quadro di RePowerEU che serviranno a sostenere le famiglie e le piccole-medie imprese ad affrontare il caro-energia.  Ci sono poi a disposizione più di 225 miliardi di prestiti inutilizzati del Next Generation EU dai quali attingere, ma il Governo Meloni – se interessato -dovrà mettersi in coda e sperare che gli altri Paesi rinuncino poiché il nostro paese ha già esaurito la sua quota di prestiti a tassi agevolati e potrà richiederne di ulteriori solo se avanzeranno.

Samanta Airoldi

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