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Economia

Taranto, il porto in mano alla Cina per volere di Giuseppe Conte

Sono un una situazione di stagno le acque del porto di Taranto: nel 2022 l’economia portuale  ha movimentato solo 14,6 milioni di tonnellate.

Il porto della cittadina calabra sta continuando a perdere traffico ogni anno. E neppure il nuovo arrivo delle crociere, finanziate anche con bandi regionali, è riuscita a risollevare le sorti di un porto che rischia di andare a bagno.

Giuseppe Conte era d’accordo con l’arrivo dei cinesi al Porto di Taranto – (Foto Ansa) – Ilovetrading

Il porto di Taranto versa in una situazione a dire poco tragica. Situazione che nemmeno l’arrivo delle navi da crociera è riuscita a risanare. La compagnia  Msc – dopo la concessione ricevuta per rimanere ferma nel porto di Taranto durante il fermo dei viaggi per la pandemia – ha abbandonato lo scalo ionico. A questo si aggiunge il fatto che dopo anni di lavori a vuoto e 50 milioni spesi, la settimana scorsa il Commissario straordinario, Sergio Prete, è stato costretto a interrompere i lavori per la cassa di colmata e il dragaggio, che già nel 2016 consentì all’allora concessionario Taranto container terminal di restituire la concessione lasciando a casa 500 dipendenti.

Da allora quasi tutti quei 500 lavoratori sono in cassa integrazione, con vincolo alla rioccupazione, non esistendo la Cig per i portuali. Nel frattempo la commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti ha chiesto l’intervento urgente della magistratura. In assenza di traffici, Taranto rischia di perdere la qualifica di Autorità portuale. E quindi il presidente Prete, insieme alle amministrazioni locali, prova a offrire altri servizi, che passano anche per festival ed eventi ludici.

Il porto di Taranto in mano ai cinesi

Ma nel 2020 – con il benestare dell’allora presidente del Consiglio a Giuseppe Conte –  sono arrivati i cinesi di Ferretti, azienda di yatch controllata dal colosso pubblico cinese Weichai.

Il porto di Taranto versa in una situazione tragica- (foto Ansa)- Ilovetrading

Qualche giorno fa il Consiglio superiore dei lavori pubblici, alla presenza del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha dato parere favorevole all’Accordo di programma per l’attuazione del progetto integrata di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo dell’area di Taranto  per l’insediamento Ferretti. Un investimento di 201 milioni di euro, di cui 137,5 milioni pubblici e 63,6 milioni privati. L’insediamento avverrà sull’ex Yard Belleli, la ditta mantovana che costruiva piattaforme petrolifere e che è fallita nel 2000.

Quando nel 2004 il ministero dell’Ambiente andó a fare i sopralluoghi dopo l’abbandono, scopri che l’area era interamente costruita su loppa di altoforno. L’Analisi di rischio, presentata a luglio 2009 ha portato alla conclusione che i valori di rischio cancerogeno  sono maggiori dei limiti di accettabilità imposti dalla normativa e pertanto il Sito rappresentato dall’ex Yard Belleli potrebbe essere utilizzabile solo dopo adeguati interventi di bonifica ambientale che, per il momento, sono stati fatti solo in parte. La zona, pertanto, resta ancora con un livello di rischio per la salute superiore a quello consentito.

Bisognerebbe procedere con i restanti lavori per rendere sicura la zona ma dall’accordo con  Ferretti – e, dunque, cona Cina- è magicamente sparita la parola «bonifica» sostituita con una semplice messa in sicurezza: capping e pavimentazione. L’intervento non é neppure soggetto a verifica di assoggettabilità. Ma non è tutto: di 200 occupati promessi, Ferretti è vincolata alla riassunzione degli attuali cassintegrati solo per metà. Il tutto con soldi pubblici.

Samanta Airoldi

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