La pensione anticipata ordinaria permette di lasciare il lavoro con 42 anni e dieci mesi di contributi. Conviene o sarebbe meglio attendere qualche altro anno?
Pensione anticipata o pensione di vecchiaia? Il dubbio attanaglia molti lavoratori prossimi al pensionamento. Il sistema pensionistico italiano prevede numerosi scivoli pensionistici anche se la maggior parte non sono strutturali e riservati ad alcune categorie di lavoratori.
Si attende una Riforma delle Pensioni che migliori le opportunità per i cittadini ma occorrerà attendere ancora parecchio tempo. Sindacati e Governo hanno riaperto le discussioni in merito e stanno studiando delle strategie di attacco ma mancano le risorse per garantire flessibilità e condizioni più ottimali per i lavoratori.
Significa che al momento bisogna accontentarsi di ciò che offre il panorama italiano. Le misure strutturali sono la pensione di vecchiaia che si raggiunge a 67 anni di età con venti anni di contributi, la pensione per i precoci (41 anni di contributi di cui uno maturato prima dei 19 anni e appartenenza ad una categoria dell’APE Sociale) e la pensione anticipata ordinaria. Quest’ultima permette il pensionamento con 42 anni e dieci mesi di contributi se uomini e un anno prima se donne. Conviene sfruttarla o meglio attendere qualche altro anno?
In pensione con 42 anni e dieci mesi di contributi, si perdono soldi?
Tanti lavoratori si chiedono se 42 anni e dieci mesi di contributi sono sufficienti per avere una bella pensione o se sarebbe il caso di aspettare per il pensionamento pur avendo maturato i requisiti della pensione anticipata. Lo scivolo non prevede requisiti anagrafici da rispettare e non obbliga nemmeno all’interruzione dell’attività lavorativa.
La cessazione automatica dal servizio non è imposta da alcuna norma. Anche avendo maturato i requisiti contributivi sarà possibile continuare la propria carriera e ritardare l’uscita dal mondo del lavoro indipendentemente dal motivo alla base di questa decisione. Ma non è detto che tale scelta sia sempre la più saggia o conveniente.
Si può pensare che continuando ad accumulare i contributi l’assegno pensionistico sarà, poi, più alto. Questa supposizione è vera solamente in alcuni casi. Specifiche regole di calcolo, infatti, risultano meno convenienti dopo che il lavoratore ha maturato i requisiti massimi raggiungibili. Il riferimento è al metodo del doppio calcolo applicato ai lavoratori che rientrano nel sistema misto e hanno oltre 18 anni di contributi accumulati alla data del 31 dicembre 1995.
Il sistema misto prevede il calcolo retributivo per i contributi fino al 31 dicembre 2011. Se così fosse l’importo della pensione verrebbe penalizzato continuando a lavorare oltre i 42 anni e dieci mesi dato che al pensionato sarà assegnato il trattamento meno favorevole tra quello conteggiato con il sistema retributivo totale e contributivo dal 2012.
Nel primo sistema il calcolo della pensione finisce raggiungendo 42 anni e dieci mesi. Nel contributivo, invece, ciò non accade dato che si calcola il montante contributivo con la conseguenza che più contributi si accumulano più la pensione sarà alta. Anche superando i 42 anni e dieci mesi. E così la pensione contributiva potrebbe risultare superiore a quella retributiva. Prima di decidere, dunque, verificate ed escludete tale eventualità.