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Ondata di disoccupazione, ma arriva il Reddito di Base per tutti | Cambio di prospettiva

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Giuseppe F.

Reddito di base: l’utopia criticata dagli approcci liberali acquista sempre più valore anche a livello economico e sociale. Può essere davvero realizzato?

Un reddito universale garantito e incondizionato, secondo recenti studi, potrebbe essere fattibile e conveniente. Bisogna però superare resistenze ideologiche che paventano rischi di parassitismo o associano la misura a una deriva socialista. La situazione è dunque complessa, anche se in molti Paesi il dibattito è vivace e proficuo.

Come funziona il reddito di base
Reddito di base: è davvero possibile? – ilovetrading.it

Il reddito di base universale (l’Universal basic income, o UBI, come si chiama nel mondo anglosassone) va inteso come una proposta di assistenza sociale attraverso cui tutti i cittadini di una determinata popolazione possano ricevere regolarmente un reddito garantito sotto forma di un trasferimento incondizionato, cioè senza verifica del reddito di base o dell’abilità a lavorare.

Il livello di questo reddito, se sufficiente a soddisfare i bisogni primari di una persona, quindi pari o superiore alla soglia di povertà, dà origine al cosiddetto reddito di base completo. Quando il livello è inferiore alla soglia di povertà, prende il nome di reddito di base parziale (come lo era il Reddito di cittadinanza italiano).

Un reddito di base non esiste in alcun Paese del mondo, ma in tanti Stati sono stati condotti studi e sono stati avviati progetti pilota. Lo scopo di una simile misura è innanzitutto quello di ridurre la povertà e le disuguaglianze, ma non solo. Si tratta anche di stimolare i consumi, contribuendo alla crescita dell’economia e alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Numerosi esperimenti indicano infatti che la certezza di una entrata fissa migliora la qualità della vita, abbatte tassi di criminalità e di malessere sociale. Tuttavia, da un punto di vista economico, riuscire a garantire un reddito base sarebbe potrebbe insostenibile per molti Stati.

Inoltre c’è un problema alla base di tipo ideologico. Per la mentalità liberista attuale, l’essere umano deve realizzarsi nel lavoro e competere per emergere. L’assistenzialismo completo di Stato viene dunque interpretato come un male.

Reddito di base: si può fare?

In Italia sarebbero necessari 480 miliardi di euro l’anno (circa il 24,5% del Pil) per garantire a ogni cittadino una somma almeno pari alla soglia di povertà relativa. Il calcolo è di Andrea Fumagalli, economista e vice-presidente del Basic income network Italia.

Reddito di base: come funziona
Economia: prospettive su un reddito di base universale – ilovetrading.it

The Basic income earth network (BEIN) è un gruppo internazionale che studia e promuove l’applicazione del reddito universale in tutti i Paesi del mondo.

Con un simile reddito di base le persone potrebbero rifiutare lavori considerati non soddisfacenti, investire nella propria formazione, avere più tempo da dedicare alla cura della propria famiglia o per avviare una attività in proprio. Da qui un miglioramento delle condizioni lavorative e dell’economia.

Ci sono in ballo dunque vantaggi relativi all’incremento dell’istruzione, dell’occupazione, dello stato di benessere. Mentre, in base a tutte le esperienze condotte finora, non si osservano fenomeni di “parassitismo”.

Esistono diversi regimi di welfare che possono essere considerati simili al reddito di base, sebbene non siano incondizionati. Molti Paesi hanno un sistema di assegni familiari o programmi di reddito quasi di base limitati a determinati gruppi di popolazione o periodi di tempo, come la Bolsa Familia in Brasile, che offre un reddito ai poveri, o il Programma Thamarat in Sudan.

L’ Alaska Permanent Fund è un fondo per tutti i residenti nello stato americano dell’Alaska che ammonta in media a 1.600 dollari all’anno (nella valuta del 2019). La Finlandia ha lanciato nel 2017 un programma sperimentale sul reddito di base destinato ai cittadini disoccupati. Il programma ha mostrato che i partecipanti erano più felici e meno stressati, portando a un miglioramento dello stato di salute.

Ma chi si accontenterebbe di un lavoro manuale o più umile al cospetto di un reddito di base? Questo si domandano i liberisti. Per gli esperti di UBI la soluzione sta nell’automazione: sarebbero le macchine a lavorare, producendo utili e occupando tutti quei posti di lavoro spersonalizzanti e sottopagati.

Il reddito di base ha senso anche come risposta e non solo come conseguenza all’automazione e alla robotizzazione. Molti economisti pensano infatti che l’automazione potrebbe provocare nuove ondate di disoccupazione tecnologica, portando a un mondo con meno posti di lavoro retribuiti. E la risposta sarebbe proprio un reddito di base per tutti.

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