Un padre separato, uno stipendio che basta appena per vivere, un mutuo da pagare e un assegno mensile da 600 euro per una figlia maggiorenne ancora non indipendente. Cosa succede quando il dovere diventa impossibile da rispettare? La Cassazione ha risposto con una decisione che ribalta tutto. In gioco non c’è solo il denaro, ma la dignità stessa del genitore. Perché un assegno di mantenimento insostenibile può trasformare la giustizia in un peso insopportabile. E stavolta, i giudici hanno scelto di guardare la realtà, non solo i principi.
Non sempre si può far fronte a tutto. C’è chi lotta per non far mancare nulla ai propri figli, anche quando le entrate mensili non lasciano margine. La separazione spesso peggiora un equilibrio già fragile, soprattutto per quei genitori – in gran parte padri – che si ritrovano soli a dover gestire obblighi economici pesantissimi. Il problema non è non voler mantenere i figli, ma non riuscirci più.

Nel momento in cui le spese fisse superano il reddito, mantenere fede a certi impegni può diventare letteralmente impossibile. Eppure, fino a poco tempo fa, molte sentenze sembravano ignorare questo aspetto. Il principio dominante era uno solo: il figlio prima di tutto. Sacrosanto, certo. Ma a che prezzo?
Quando la realtà bussa alla porta: la sentenza che mette in discussione gli assegni sproporzionati
Un padre con uno stipendio netto di 1.400 euro e un mutuo di 700 da sostenere. Gli restano 700 euro per vivere, e da quei 700 dovrebbe tirar fuori anche 600 euro per la figlia, ormai adulta ma non ancora economicamente autonoma. È una situazione estrema, ma non così rara come si potrebbe pensare.

In primo grado e in appello, la richiesta di ridurre l’assegno di mantenimento insostenibile era stata respinta. La priorità era stata data esclusivamente al bisogno della figlia. Nessuno aveva davvero considerato le condizioni oggettive e documentate del padre. La Cassazione, invece, ha fatto qualcosa di diverso: ha guardato i numeri e li ha messi in relazione con la realtà.
Secondo i giudici, la legge “non può imporre l’impossibile”. Un principio che sembra scontato, ma che raramente è stato applicato in modo così chiaro. Il Codice Civile parla di proporzionalità: il mantenimento deve tener conto delle reali possibilità economiche di entrambi i genitori, non solo delle necessità del figlio.
Questo significa che anche il peggioramento delle condizioni economiche del genitore può e deve essere considerato nella valutazione. Spese fisse come mutui, debiti, carichi familiari sono elementi da mettere sul piatto, al pari delle esigenze del figlio. La giustizia, insomma, deve trovare un equilibrio tra il dare e il poter dare.
Non solo numeri: dignità e sostenibilità entrano finalmente nella valutazione dell’assegno
La decisione della Cassazione apre la strada a un nuovo approccio. Non si tratta di negare il dovere genitoriale, ma di rivedere le condizioni in cui quel dovere viene esercitato. Un assegno di mantenimento insostenibile non può diventare una condanna per chi lo deve versare.
Il padre separato potrà ora richiedere una nuova valutazione, fornendo tutta la documentazione necessaria: buste paga, bollette, rate di mutuo, altri impegni economici. Sarà il giudice a decidere se e quanto ridurre l’importo, ma con un parametro in più: quello della sopravvivenza economica del genitore.
Anche l’INPS e l’Agenzia delle Entrate, nel calcolare detrazioni e contributi, applicano criteri di proporzionalità. È il segnale che qualcosa sta cambiando. La figura del genitore non può più essere vista solo come fonte di denaro. È una persona, con diritti, limiti e un’esistenza da portare avanti.