Una multa per un pacchetto di sigarette, un ricorso che sembrava inutile e una sentenza che spiazza tutti. A Genova, un semplice pagamento negato apre la porta a una riflessione ben più ampia. Quando la legge incontra la realtà quotidiana del piccolo commercio, il risultato non è mai scontato. In un’aula di tribunale, un giudice decide di ascoltare davvero le ragioni del tabaccaio e sorprende con una scelta che potrebbe cambiare il gioco. Perché non tutto ciò che è obbligatorio è sempre sostenibile. E a volte, è proprio da una piccola multa che inizia una discussione nazionale. Il protagonista non è solo un commerciante, ma un principio destinato a far rumore.
Una scena quotidiana. Genova, una tabaccheria qualunque, un cliente entra per comprare le sigarette. Al momento di pagare, estrae la carta. Il commerciante si rifiuta: niente POS. Pochi minuti dopo, parte la segnalazione alla Guardia di Finanza. E, come da regolamento, arriva la sanzione: 30 euro più una maggiorazione. Sembra tutto già scritto. Ma stavolta il copione cambia.

Il commerciante decide di opporsi, porta il caso davanti a un giudice di pace. Una scelta insolita, ma che apre un nuovo scenario. In tribunale non si parla solo di un pagamento rifiutato, ma di un’intera categoria in difficoltà: chi vende prodotti a prezzo imposto, come le sigarette, ha margini così bassi da non riuscire a sostenere le commissioni bancarie.
Un guadagno troppo basso per sostenere il POS
Nel caso specifico, il tabaccaio aveva un motivo ben preciso per rifiutare il pagamento elettronico. Non si trattava di un capriccio, ma di una necessità concreta. I tabaccai vendono beni soggetti a regime di monopolio, e su quei prodotti il guadagno è fisso, determinato dallo Stato. Un margine minimo che spesso non basta nemmeno a coprire i costi della transazione elettronica.

Se un pacchetto di sigarette frutta pochi centesimi e le commissioni bancarie sono superiori, ogni pagamento con carta diventa una perdita. A peggiorare le cose, la legge vieta di maggiorare il prezzo per chi paga con il bancomat. Il commerciante non può nemmeno trasferire quel costo al cliente.
Il giudice ha riconosciuto che obbligare qualcuno ad accettare un pagamento in perdita va contro la libertà d’impresa, protetta dalla Costituzione. In pratica, ha affermato che un’attività non può essere costretta ad offrire un servizio che la danneggia economicamente. Una posizione forte, che ribalta l’approccio puramente sanzionatorio della normativa attuale.
Una sentenza isolata che potrebbe fare scuola
Va chiarito che l’obbligo di accettare i pagamenti elettronici resta valido per tutti gli esercenti. Ma il caso genovese apre uno spiraglio. Fino a oggi, solo i problemi tecnici erano considerati motivi validi per rifiutare la carta. Adesso, si parla anche di giustificazioni economiche.
Questa sentenza non riscrive la legge, ma crea un precedente. E potrebbe incoraggiare altri piccoli commercianti in difficoltà a far valere le proprie ragioni. In un mercato dove i margini sono spesso ridotti al minimo, ignorare il peso delle commissioni può mettere a rischio la sostenibilità delle attività. La battaglia del tabaccaio genovese ha portato alla luce un nodo irrisolto: come coniugare la modernità dei pagamenti digitali con le reali condizioni di chi ogni giorno lavora dietro un bancone.