Può un addio al lavoro trasformarsi in un nuovo inizio? Molti non sanno che esistono situazioni particolari in cui una scelta apparentemente volontaria cambia completamente significato. A volte, lasciare un impiego non è frutto di leggerezza o casualità, ma nasce da condizioni che costringono a ripensare priorità e futuro. In questi momenti, la legge interviene, offrendo strumenti che non tutti conoscono e che possono cambiare il corso di un percorso professionale. Il mondo del lavoro è fatto di regole e tutele, ma anche di sfumature che, se comprese, possono fare la differenza tra un periodo di difficoltà e una fase di riorganizzazione più serena. La NASpI dopo maternità diventa, in questo senso, più di una sigla: è un’opportunità che si intreccia con le storie di chi affronta cambiamenti profondi, personali e professionali, nel momento in cui la vita impone nuove priorità.
Chi ha vissuto l’esperienza di dover lasciare un lavoro durante la maternità sa bene che non si tratta mai di una decisione semplice. Il posto di lavoro non è solo una fonte di reddito, ma anche un pezzo d’identità e di stabilità. Tuttavia, la nascita di un figlio, insieme ai cambiamenti fisici ed emotivi che porta con sé, può stravolgere equilibri consolidati e portare a scelte impensabili in altri momenti.

Non sempre il contesto lavorativo riesce a stare al passo con questi cambiamenti, e così si arriva a un bivio: restare in un ambiente che non offre più le condizioni necessarie o voltare pagina, con tutte le paure che questo comporta. In questo spazio complesso la normativa italiana ha previsto delle tutele specifiche, riconoscendo che alcune dimissioni, pur apparendo volontarie, hanno una natura molto diversa. La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego diventa così uno strumento essenziale per chi, pur lasciando il lavoro, si trova in una condizione di reale necessità.
NASpI dopo maternità: quando le dimissioni non sono davvero una scelta e come la legge le equipara a un licenziamento
Quando si parla di NASpI si pensa subito al licenziamento, ma non è l’unico caso in cui questa indennità di disoccupazione può essere richiesta. Esistono infatti situazioni in cui le dimissioni, pur formalmente presentate dal lavoratore, non vengono considerate una libera scelta. Un esempio molto significativo è rappresentato dalle dimissioni per giusta causa.

Si tratta di quei casi in cui il datore di lavoro ha posto in essere comportamenti talmente gravi da rendere impossibile proseguire il rapporto, come il mancato pagamento delle retribuzioni, episodi di mobbing, molestie o cambiamenti unilaterali delle mansioni. In queste circostanze, la legge equipara le dimissioni a un licenziamento, aprendo la strada al diritto alla NASpI per chi possiede i requisiti contributivi.
Le novità della NASpI dal 2025: i nuovi requisiti per chi cambia lavoro e cosa serve per non perdere il diritto all’indennità
Dal 2025 il quadro delle regole per ottenere la NASpI è diventato più articolato. Una delle novità principali riguarda chi, dopo aver dato le dimissioni e iniziato un nuovo impiego, si trova nuovamente senza lavoro. In questo caso, per poter accedere all’indennità, sarà necessario aver maturato almeno tredici settimane di contributi nel nuovo rapporto. Se il nuovo lavoro si interrompe prima di aver raggiunto tale soglia, non si avrà diritto alla prestazione, anche se si erano già maturati i requisiti precedenti. È un cambiamento che obbliga a pianificare con attenzione ogni passaggio, soprattutto per chi affronta una fase di transizione tra più occupazioni.