Un confronto inaspettato tra BTP 2035, BTP 2040 e BTP 2045 che racconta molto più di un semplice calcolo di rendimenti. Tre titoli che, dietro numeri e percentuali, disegnano scenari diversi e raccontano anche il clima economico in cui nascono e si muovono. Ci sono le certezze delle cedole e i timori delle oscillazioni, il richiamo del lungo periodo e il bisogno di stabilità. È una fotografia nitida del modo in cui tempo e tassi si intrecciano, ridefinendo continuamente il concetto stesso di investimento.
Guardare ai BTP oggi significa leggere non solo i dati, ma il contesto. E il contesto parla di mercati che vivono sull’altalena dei tassi e di un Paese che, per finanziarsi, offre ai risparmiatori strumenti tanto sicuri quanto diversi tra loro. Chi sceglie un BTP non compra soltanto un titolo, ma sposa un orizzonte temporale, un’idea di stabilità e, in un certo senso, anche una filosofia di gestione del proprio patrimonio.

Il lungo termine affascina e intimorisce: promette rendimenti più alti, ma pretende pazienza. Il breve e medio periodo rassicurano, ma riducono le possibilità di incassare qualcosa in più. Così, nel confronto tra tre scadenze così lontane, emerge un punto cruciale: ogni scelta porta con sé una scommessa, quella di quanto si è disposti a sopportare le oscillazioni pur di puntare a un ritorno maggiore.
Confronto tra rendimento e volatilità dei titoli
Il BTP con scadenza al 30 aprile 2045, oggi, è quello che offre il rendimento netto più elevato, circa il 3,82% annuo, ma al prezzo di una forte sensibilità ai tassi. Con una quotazione intorno a 65,8 euro e una duration superiore ai 15 anni, non è difficile intuire che si tratta di un titolo che può muoversi parecchio nel tempo.

È il profilo del lungo corridore: soffre sulle salite dei tassi, ma premia chi resiste fino alla fine. Meno estremo, ma pur sempre interessante, è il BTP con scadenza al 1° ottobre 2040. Qui il rendimento netto si ferma intorno al 3,46% e la duration, più corta, permette di contenere le oscillazioni. È la via di mezzo: un buon equilibrio tra rendimento e rischio, una scelta che non scontenta chi non vuole esagerare. E poi c’è il BTP 2035, il più prudente del trio, con una cedola del 3,35% e un rendimento netto che si aggira intorno al 2,98%. Qui la parola d’ordine è stabilità: la duration ridotta smorza i sobbalzi e rende il titolo adatto a chi cerca certezze più che avventure.
Scenari pratici e prospettive future nella scelta
Immaginare questi titoli sul proprio portafoglio significa scegliere un approccio. Il BTP 2045 si addice a chi ragiona in ottica di lungo respiro, disposto a vedere il prezzo ballare pur di incassare cedole più generose e un ritorno finale più alto. Il BTP 2040, invece, è il compromesso per eccellenza: meno volatilità e un rendimento che non fa rimpiangere troppo il fratello maggiore. Il BTP 2035 diventa l’alleato di chi non ama le sorprese e punta a dormire sonni tranquilli, pur rinunciando a qualcosa in termini di guadagno. Su tutti pesa l’imposta sostitutiva del 12,5% sugli interessi, un vantaggio fiscale rispetto ad altri strumenti finanziari che non va dimenticato.