Andare in pensione nel 2026 non significa solo maturare i requisiti, ma anche capire come incidere sull’importo dell’assegno. Tra contributi, ricalcoli e integrazioni, esistono margini spesso sottovalutati che possono rendere la pensione più alta e più sostenibile nel tempo.
In realtà, accanto ai requisiti anagrafici e contributivi, esistono elementi che incidono in modo concreto sull’importo della pensione INPS. Il tema della pensione più alta riguarda sia chi deve ancora presentare la domanda sia chi è già pensionato e può intervenire sull’assegno.
Tra sistema misto, calcolo contributivo, maggiorazioni e ricostituzioni, il quadro previdenziale offre più possibilità di quanto si pensi, anche in un contesto senza grandi riforme strutturali.
Nel 2026 l’accesso alla pensione avverrà attraverso i canali ordinari già noti, come la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata, le tutele per i lavoratori precoci e strumenti come l’Ape sociale. Anche senza misure come quota 103 o opzione donna, molti contribuenti raggiungeranno l’obiettivo pensionistico. Ma il punto centrale resta l’importo.
Il valore della pensione dipende innanzitutto dai contributi versati, dall’età al momento dell’uscita e dal periodo storico in cui quei contributi sono stati accreditati. Chi rientra nel sistema contributivo puro, cioè ha iniziato a lavorare dopo il 1995, riceve un assegno calcolato esclusivamente sul montante contributivo. Diversa è la situazione di chi rientra nel sistema misto, dove una parte della pensione si lega alle retribuzioni e un’altra ai contributi.
Un elemento decisivo riguarda chi, al 31 dicembre 1995, aveva maturato almeno 18 anni di contributi. In questo caso, la quota retributiva del calcolo si estende più a lungo, fino al 2011, con effetti potenzialmente favorevoli sull’importo finale. Riuscire a valorizzare correttamente questa posizione contributiva può incidere in modo significativo sulla pensione del 2026.
Il problema delle pensioni basse resta una costante nel sistema previdenziale italiano. Proprio per questo esistono strumenti pensati per rendere l’assegno più dignitoso. Tra questi rientrano le maggiorazioni sociali, riconosciute in misura fissa e collegate all’età anagrafica del pensionato, con importi che crescono con il passare degli anni e con la presenza della quattordicesima. Questi aumenti non spettano però ai pensionati contributivi puri, iscritti esclusivamente dopo il 1995.
Un altro strumento spesso decisivo è la ricostituzione della pensione, una procedura che consente di rivedere l’importo dell’assegno quando emergono elementi non considerati al momento della liquidazione. La ricostituzione può avvenire per motivi reddituali, quando cambiano i redditi del pensionato e diventa possibile accedere, ad esempio, all’integrazione al trattamento minimo. In questi casi, chi inizialmente non aveva diritto a un’integrazione può ottenerla successivamente.
Esiste anche la ricostituzione per motivi contributivi, utilizzabile quando non tutta la contribuzione è stata valorizzata nel calcolo iniziale. Il riconoscimento di periodi contributivi mancanti o non conteggiati può tradursi in un aumento stabile dell’importo mensile. La stessa procedura vale anche per adeguamenti legati ai trattamenti di famiglia o ad altre maggiorazioni connesse alla situazione del nucleo familiare.
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