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Con l’assegno INPS ogni mese si può lavorare ma ci sono regole e limiti poco conosciute che fanno ridurre l’importo

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Samanta Airoldi

È possibile continuare a lavorare anche dopo essere andati in pensione? Dipende da molti fattori, analizziamo cosa prevede la normativa.

Sono tante le persone che tornano a lavorare anche dopo essere andate in pensione. Ma la legge cosa dice a riguardo? È consentito o si rischiano decurtazioni dell’assegno previdenziale o, addirittura, sanzioni? Vediamo tutto nei dettagli.

Lavorare dopo la pensione
Cosa succede si si lavora dopo la pensione/ Ilovetrading.it

Non sempre andare in pensione equivale a riposare. Chi si trova con un assegno previdenziale misero si vede, spesso, costretto a tornare a lavorare per riuscire a far fronte a tutti i costi. Specialmente nell’ultimo anno, caratterizzato da bollette alle stelle e rialzi in tutti i settori, molti sono stati i pensionati che sono tornati a timbrare il cartellino.

Talvolta si torna a lavorare anche per aiutare i propri figli e nipoti. Alcuni, semplicemente, si rimettono a lavoro perché a casa si annoiano. Insomma le possibilità sono infinite. Ma cosa dice la legge in merito? Una persona che è già andata in pensione, può rimettersi a lavorare? E sono previsti tagli dell’assegno  previdenziale se si torna a percepire uno stipendio? La risposta non è una sola ma varia da caso a caso.

Lavorare dopo la pensione: ecco cosa succede

Prendiamo il caso di un uomo di 65 anni, andato in pensione con 43 anni di contributi. La legge Fornero, infatti, consente di ritirarsi dal lavoro prima di aver compiuto 67 anni se si hanno almeno 42 anni e 10 mesi di contributi (o 41 anni e 10 mesi nel caso delle donne). Può costui rimettersi a lavorare?

Tornare a lavorare dopo la pensione
Ci sono casi in cui non si può lavorare dopo la pensione/ Ilovetrading.it

La legge è molto chiara e la risposta è sì: nulla impedisce ad una persona che ha raggiunto la pensione di vecchiaia – o la pensione di vecchiaia anticipata in questo caso – di rimettersi a lavorare. Non solo: potrà anche continuare a versare i contributi in modo da far crescere il suo assegno pensionistico. Infatti esiste uno specifico istituto – il supplemento di pensione –  che permettere di aumentare l’assegno percepito chiedendo di considerare anche i nuovi contributi versati. Per avvalersi di questo istituto è, però, necessario che siano passati almeno 5 anni da quando una persona è andata in pensione.

Ci sono, invece, situazioni in cui dopo la pensione non si può lavorare. Si tratta di chi ha usato le misure di pensione anticipata di Ape sociale o Quota 103. Con Ape sociale un lavoratore può andare in pensione a 63 anni con un requisito contributivo di 26 e, fino al raggiungimento dell’età pensionabile – cioè 67 anni – riceverà un assegno erogato dell’Inps che non è una vera e propria pensione: infatti non può mai superare i 1500 euro al mese e non sono previste né la tredicesima né la quattordicesima. Con Quota 103, invece, si può andare in pensione a soli 62 anni purché gli anni di contributi siano almeno 41. In entrambi i casi una persona non può però lavorare finché non avrà raggiunto l’età pensionabile, cioè 67 anni.

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