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Tutti pazzi per ChatGPT, ma sapete cosa significa? | OpenAI punta a registrare il marchio

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Pietro Santercole

22 novembre 2022, una data che ha cambiato la corsa all’AI: tutti pazzi per ChatGPT. Per OpenAI è arrivato il momento di registrare il marchio.

È “nata” a il 22 novembre 2022, il giorno di un lancio che ha cambiato la storia della rincorsa all’Intelligenza Artificiale più funzionale. Ci ha messo poco ChatGPT a diventare grande: l’accordo tra suo papà OpenAI – di cui all’inizio faceva parte attiva anche Elon Musk prima di lasciare tutto a Sam Altamn – e Microsoft ha accelerato l’ascesa di un bot che ha sorpreso e diviso, caldeggiato ma osteggiato, perfino bannato in Italia per un motivo, restando sempre in copertina.

ChatGPT, OpenAI registra il marchio
Il 2023 è l’anno di ChatGPT, così OpenAI ne registra il marchio – Ilovetrading.it

Il 2023 resta l’anno di ChatGPT: un bot utilizzatissimo per l’editing e quel dialogo con un utente sempre più alla pari, quasi da persona umana a persona umana. Gli errori ci sono e alla fine meno male, perché altrimenti sarebbero guai per la nostra specie.

Ora ChatGPT si è evoluto permettendo non solo di ottenere informazioni in modo più diretto rispetto a un classico motore di ricerca: riconosce immagini, offre servizi post-assistenza quando i clienti acquistano prodotti e automazione di parti del processo di vendita, scrive codici informatici e ne migliora i processi, personalizza istruzioni. In Italia è sempre più utilizzato, un’arma a due lame per i giovani, bravissimi a utilizzarlo, anche (purtroppo) per barare a scuola.

Alle radici del successo

OpenAI ha realizzato un qualcosa che ha spinto un colosso come Microsoft a investire dieci miliardi di euro per un alleato fortissimo nella competizione con Google, spingendo lo stesso gigante di Mountain View ad alzare l’asticella. Ma quale solo state le radici del suo pazzesco successo?

Tutti pazzi per ChatGPT
ChatGPT, ora disponibile perfino come app sui cellulari – Ilovetrading.it

Possono essere identificati in quella parolina composta da tre lettere GPT, che se OpenAI non si sbrigava a registrare come marchio accanto al suo “chat”, rischiava grosso. L’azienda statunitense (perché tale e diventata, non solo un laboratorio di ricerche sull’AI) ha iniziato a parlare di “GPT” nel 2018, quando è stato creato il concept del loro modello di linguaggio di grandi dimensioni. L’acronimo GPT sta per Generative Pre-Trained Transformer. Un acronimo inventato da OpenAI, che andava per forza registrato.

È un tipo di modello di linguaggio di grandi dimensioni (LLM), un quadro di riferimento per l’intelligenza artificiale generativa, reti neurali artificiali basate sull’architettura del trasformatore, pre-addestrate su grandi set di dati di testo non etichettato e in grado di generare nuovi contenuti simili a quelli umani. Da qui l’esigenza di registrare questo marchio. Un segno distintivo, un canale che offre il prestigio di un prodotto o di un’azienda in modo tale da rendere più facile per i consumatori conoscere l’origine, il produttore o le caratteristiche di un prodotto solo attraverso la loro rappresentanza esterna. Si sceglie ChatGPT perché è OpenAI: un marchio, una garanzia.

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