Fate attenzione se avete un conto cointestato: potreste attirare l’attenzione del Fisco. Ecco a cosa dovete stare attenti.
Un’opzione usata spesso oggi è quella del conto cointestato, generalmente tra marito e moglie ma anche in altre situazioni di convivenza. Sebbene questo può essere utile al fine di semplificare la gestione dei pagamenti, può anche attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, che potrebbe decidere di fare un accertamento fiscale in cerca di debiti non dichiarati. Ecco a cosa fare attenzione.
Un’idea molto diffusa è che cointestare il conto corrente con una persona neutra (un membro della famiglia che non ha redditi propri) renda immuni ai controlli, e consenta di suddividere i depositi con quelli del parente cointestato. Questa idea non ha alcun fondamento, visto che la presunzione di comproprietà delle somme depositate vale solo a livello civile, non tributario. In questo campo ci sono regole diverse, che l’Agenzia delle Entrate può impiegare per imputare le somme e i movimenti al contribuente verificato.
Arriva anche la conferma recente della Corte di Cassazione, che conferma all’Agenzia delle Entrate il potere di svolgere accertamenti fiscali con indagini su conti correnti cointestati. Questo si aggiunge alla precedente decisione della Corte di permettere all’Agenzia di acquisire gli estratti conto corrente di chi ha “vincoli e legami familiari” con il contribuente.
Di conseguenza, ironicamente, avere un cointestato con familiari può farci finire nel mirino, soprattutto quando la capacità reddituale dei congiunti non coincide con i redditi dichiarati dal conto. Il Fisco ha quindi un motivo valido per assumere che i versamenti fatti sul conto siano redditi del contribuente, a meno che non possa dimostrare il contrario.
Controlli sul conto cointestato: come opporsi
Esiste la possibilità per il contribuente di difendersi da questi controlli. Se questo può, infatti, fornire una prova analitica che dimostra la riferibilità di ogni versamento bancario. Per fare ciò dovrà presentarsi agli uffici dell’Agenzia delle Entrate con la documentazione necessaria, provando le sue affermazioni. Senza la presenza di queste prove, gli accertamenti procederanno e tutte le somme nel conto cointestato saranno sottoposte a tassazione in quanto considerate reddito.
Il soggetto dovrà dimostrare che i versamenti fatti sul cointestato si riferiscono a redditi già dichiarati, non imponibili o esenti da imposta. Senza questa giustificazione i soldi in questione vengono considerati redditi percepiti in nero e quindi fiscalmente imponibili.
L’indagine bancaria, di per sé, rientra nei poteri di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, che possono chiedere agli istituti di credito i documenti relativi ai conti correnti e i depositi dei clienti. Non c’è di per sé alcun limite alle abilità dell’Agenzia in questo senso, anche in caso di conto cointestato. Possono ottenere tutte le informazioni necessarie e tutto fa prova, a meno che il contribuente non sia capace di dimostrare il contrario.
La Cassazione ha anche esteso la capacità di indagini bancarie a conti intestati a terzi soggetti, ma solo nella condizione in cui il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente anche in mancanza di titolarità. Anche in questo caso il contribuente dovrà dimostrare, attraverso prove, che le somme sotto indagine non hanno rilevanza reddituale.