Molti pensano che tenere soldi in una banca all’estero sia un modo sicuro per proteggersi da imprevisti, crisi economiche o complicazioni fiscali. In realtà, ci sono insidie meno visibili ma potenzialmente più gravi. Il fatto che un istituto sia solido o famoso non basta: ciò che fa davvero la differenza è dove si trova e sotto quale giurisdizione opera. Non sempre chi ha un conto fuori dai confini italiani è davvero al riparo. A volte la sicurezza è solo apparente, e quando la fiducia viene messa alla prova, può essere troppo tardi per correre ai ripari. Avere un conto corrente estero può rivelarsi una scelta rischiosa se non si conoscono bene le regole.
Non è raro che si decida di aprire un conto all’estero per comodità, perché si lavora fuori o perché si vuole diversificare. Ma quello che molti ignorano è che la protezione dei propri soldi non è garantita allo stesso modo ovunque. Soprattutto quando la somma depositata supera una certa soglia.

Le normative cambiano da Paese a Paese, e il tipo di banca scelta può trasformare una soluzione vantaggiosa in una vera trappola. E la beffa? I rischi si manifestano spesso solo quando la situazione è già compromessa.
Perché anche un conto in Europa può far perdere i propri soldi in caso di crisi bancaria
Chi detiene un conto corrente estero in un Paese dell’Unione Europea può contare su una copertura dei depositi fino a 100.000 euro, per intestatario e per banca. Questo avviene grazie alle direttive europee che obbligano ogni Stato a predisporre un proprio sistema nazionale di garanzia. Tuttavia, l’assistenza arriva solo dal Paese dove la banca ha sede legale. Se il conto è in Germania, per esempio, sarà la Germania, e non l’Italia, a fornire la copertura.

Le cose si complicano quando si tratta di filiali estere di banche italiane. Se la filiale è una semplice estensione della banca madre, la garanzia resta italiana. Ma se la filiale è registrata come entità autonoma nel Paese estero, allora è soggetta al sistema di quel Paese, che potrebbe offrire condizioni diverse.
Anche il numero di conti e la distribuzione dei fondi possono incidere. Avere tre conti in tre banche diverse permette di usufruire della garanzia per ognuno. Ma se i conti sono nella stessa banca o nello stesso gruppo bancario con licenza unica, la protezione complessiva resta di 100.000 euro. Nei conti cointestati, ogni intestatario ha diritto alla propria copertura, ma questo vale solo se la banca non fa parte di un conglomerato unico con regole interne più restrittive.
Conti fuori dall’Europa: il vero buco nero della protezione bancaria che nessuno vuole affrontare
Fuori dai confini dell’Unione Europea, la situazione si fa ancora più incerta. Alcuni Paesi, come Svizzera e Norvegia, offrono garanzie paragonabili o superiori a quelle europee. Ma in molte altre nazioni, la sicurezza dei depositi è scarsa o del tutto assente. Un conto corrente estero aperto in uno Stato con leggi bancarie meno rigide può trasformarsi in un grosso rischio.
Il pericolo maggiore arriva con il bail-in. In caso di crisi finanziaria grave, le banche possono prelevare i fondi eccedenti i 100.000 euro per coprire le perdite. Non si tratta di un’ipotesi lontana: è una realtà già accaduta in passato. I soldi sopra quella soglia diventano vulnerabili.
È quindi fondamentale comprendere la struttura della banca, il tipo di licenza, e se opera sotto un’autorità che garantisce davvero i depositi. La tranquillità di oggi potrebbe rivelarsi illusoria domani. Chi ha patrimoni rilevanti dovrebbe valutare con attenzione dove tiene i propri fondi e, in certi casi, pensare a una diversificazione più strategica.