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Ho diritto alla NASPI dopo la maternità se mi licenzio? Si, ma attenzione a queste regole

Gerardo Marciano

Può un addio al lavoro trasformarsi in un nuovo inizio? Molti non sanno che esistono situazioni particolari in cui una scelta apparentemente volontaria cambia completamente significato. A volte, lasciare un impiego non è frutto di leggerezza o casualità, ma nasce da condizioni che costringono a ripensare priorità e futuro. In questi momenti, la legge interviene, offrendo strumenti che non tutti conoscono e che possono cambiare il corso di un percorso professionale. Il mondo del lavoro è fatto di regole e tutele, ma anche di sfumature che, se comprese, possono fare la differenza tra un periodo di difficoltà e una fase di riorganizzazione più serena. La NASpI dopo maternità diventa, in questo senso, più di una sigla: è un’opportunità che si intreccia con le storie di chi affronta cambiamenti profondi, personali e professionali, nel momento in cui la vita impone nuove priorità.

Chi ha vissuto l’esperienza di dover lasciare un lavoro durante la maternità sa bene che non si tratta mai di una decisione semplice. Il posto di lavoro non è solo una fonte di reddito, ma anche un pezzo d’identità e di stabilità. Tuttavia, la nascita di un figlio, insieme ai cambiamenti fisici ed emotivi che porta con sé, può stravolgere equilibri consolidati e portare a scelte impensabili in altri momenti.

Mamma con neonato
Ho diritto alla NASPI dopo la maternità se mi licenzio? Si, ma attenzione a queste regole-ilovetrading.it

Non sempre il contesto lavorativo riesce a stare al passo con questi cambiamenti, e così si arriva a un bivio: restare in un ambiente che non offre più le condizioni necessarie o voltare pagina, con tutte le paure che questo comporta. In questo spazio complesso la normativa italiana ha previsto delle tutele specifiche, riconoscendo che alcune dimissioni, pur apparendo volontarie, hanno una natura molto diversa. La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego diventa così uno strumento essenziale per chi, pur lasciando il lavoro, si trova in una condizione di reale necessità.

NASpI dopo maternità: quando le dimissioni non sono davvero una scelta e come la legge le equipara a un licenziamento

Quando si parla di NASpI si pensa subito al licenziamento, ma non è l’unico caso in cui questa indennità di disoccupazione può essere richiesta. Esistono infatti situazioni in cui le dimissioni, pur formalmente presentate dal lavoratore, non vengono considerate una libera scelta. Un esempio molto significativo è rappresentato dalle dimissioni per giusta causa.

Banconote e monete
NASpI dopo maternità: quando le dimissioni non sono davvero una scelta e come la legge le equipara a un licenziamento-ilovetrading.it

Si tratta di quei casi in cui il datore di lavoro ha posto in essere comportamenti talmente gravi da rendere impossibile proseguire il rapporto, come il mancato pagamento delle retribuzioni, episodi di mobbing, molestie o cambiamenti unilaterali delle mansioni. In queste circostanze, la legge equipara le dimissioni a un licenziamento, aprendo la strada al diritto alla NASpI per chi possiede i requisiti contributivi.

Ma c’è un altro scenario, ancora più delicato, che riguarda le lavoratrici madri e i lavoratori padri. Se una madre presenta le dimissioni nel periodo compreso tra i 300 giorni precedenti la data presunta del parto e il compimento del primo anno di vita del bambino, oppure se il padre le presenta entro il primo anno dalla nascita, queste non vengono considerate una scelta volontaria. Non è un “abbandono” del posto di lavoro, ma una situazione tutelata dalla legge, che riconosce la particolare condizione di chi affronta i primi mesi di vita con un nuovo figlio. Affinché queste dimissioni abbiano effetto e diano diritto alla NASpI, è però essenziale seguire un passaggio fondamentale: la convalida presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Questa procedura, nota come dimissioni in sede protetta, serve a garantire che la decisione sia stata presa in modo libero e consapevole. Senza questo passaggio, le dimissioni non vengono riconosciute e non si può accedere all’indennità.

Le novità della NASpI dal 2025: i nuovi requisiti per chi cambia lavoro e cosa serve per non perdere il diritto all’indennità

Dal 2025 il quadro delle regole per ottenere la NASpI è diventato più articolato. Una delle novità principali riguarda chi, dopo aver dato le dimissioni e iniziato un nuovo impiego, si trova nuovamente senza lavoro. In questo caso, per poter accedere all’indennità, sarà necessario aver maturato almeno tredici settimane di contributi nel nuovo rapporto. Se il nuovo lavoro si interrompe prima di aver raggiunto tale soglia, non si avrà diritto alla prestazione, anche se si erano già maturati i requisiti precedenti. È un cambiamento che obbliga a pianificare con attenzione ogni passaggio, soprattutto per chi affronta una fase di transizione tra più occupazioni.

Per presentare la domanda all’INPS occorre rispettare tempistiche precise: entro sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto, bisogna inoltrare la richiesta e dichiarare la propria disponibilità immediata al lavoro (DID).

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