Da più parti emerge questo allarme molto grave: le criptovalute sono una minaccia per l’ambiente.
Da questo nuovo studio pubblicato dal New York Times in particolare emerge come il mining di criptovalute ha bisogno di più energia di tutta la Finlandia. Ma È ammissibile che un’attività così aleatoria e dalla dubbia utilità possa richiedere più energia di un’intera nazione? Evidente che pian piano le autorità imporranno dei limiti a queste pratiche. Non si vede infatti come sia possibile coniugare un forte impegno nell’imporre pesi anche notevoli alle industrie ed ai privati per favorire la conversione verso forme di produzione e di vita a minor impatto ambientale e poi consentire il mining.
Si dovrà porre un argine
Consentire cioè che una pratica del tutto inutile oggettivamente come il mining di criptovalute possa indisturbata generare una tale quantità di inquinamento. Evidente che pian piano queste pratiche saranno sempre più ostacolate in un mondo che cerca di ridurre in ogni modo l’impatto ambientale della sua produzione. Questo costituisce a detta di molti un forte limite allo sviluppo delle criptovalute. Anche ammesso che non si tratti di una colossale bolla come molti temono l’attività in se stessa risulta dannosa per l’ambiente. E’ una sorta di industria che non produce nulla ma che ma che inquina tanto. E’ vero che stanno emergendo pratiche che dovrebbero essere alternative rispetto al mining e consumare meno energia, ma finché i livelli sono quelli correnti non si può che considerare questa pratica una minaccia ambientale.
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Impossibile, poi, non ipotizzare dei limiti sempre più stringenti man mano che l’emergenza del Global warming va crescendo. Addirittura 91 terawatt ora all’anno, è questo che costa al pianeta il mining, appunto più della vita della Finlandia.
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Forte è l’impressione che i gruppi ambientalisti sostanzialmente ignorino il costo ambientale delle criptovalute, ma prima o poi lo scopriranno e le pressioni ci saranno.
