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La BCE continua a negare l’inflazione e la filiera produttiva trema

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Salvatore Dimaggio

Questo 28 ottobre non ha spostato di una virgola la retorica della BCE.

E nessuno si aspettava francamente qualche cosa di diverso. La Banca Centrale Europea parla ormai una lingua tutta sua. L’inflazione continua a non trovare posto nella narrativa della Banca Centrale Europea, come del resto capita alle sue omologhe in giro per il mondo. La politica ultra espansiva rimane invariata perché l’importante è sostenere la ripresa. Non si capisce però a quale ripresa faccia riferimento la Banca Centrale Europea. La ripresa è legata alla produzione, ma non esiste neppure un comparto da cui non si levino segnali di allarme in merito ai rincari tremendi delle materie prime. Se la Banca Centrale Europea ascoltasse le associazioni degli industriali del settore immobiliare o della della siderurgia o dell’automotive, scoprirebbe che l’inflazione non è roba da zerovigola, ma è talmente tremenda da mettere in forse la produzione.

Ignora gli allarmi dalle filiere

Quando le banche centrali parlano di assecondare la ripresa, in realtà stanno parlando di assecondare le borse che infatti crescono sempre. Crescono senza un motivo… non riflettono più in alcun modo la realtà dei fatti. Si continua ad ignorare nel modo più assoluto come le filiere produttive stiano arrancando sempre di più e come la produzione stia ormai frenando in tutto il mondo. Per le banche centrali, la ricetta è soltanto continuare a drogare le borse, ma quando poi si dovrà fare i conti con i risultati di quest’inflazione galoppante, allora non è chiaro quale coniglio dal cilindro tireranno fuori gli istituti centrali.

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E’ una politica slegata dalla realtà. Ma slegata ormai in modo così stabile e fermo che nessuno si lamenta più. Non esiste più neppure una dialettica tra falchi e colombe.

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La questione delle materie prime e delicatissima e sorprende davvero tutto questo ostinato silenzio.

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