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Banche italiane truffate per oltre 10 milioni di euro, come funzionava il raggiro

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Carmelo Giuffre

I principali istituti di credito italiani hanno subito tutti la stessa truffa e i danni vanno adesso oltre i 10 milioni di euro. Sul caso indaga la Procura di Milano. 

Sei colossi bancari truffati per una cifra molto vicina ai dieci milioni di euro. Su questa base la Procura di Milano ha richiesto il rinvio a giudizio per sei persone con l’accusa di aver attuato una serie di truffe ai danni di importanti istituti di credito. Risulta oltretutto che le persone accusate erano già state indagate in precedenza nello stesso ambito nel 2016. Secondo la Procura, questi erano riusciti a truffare tante vittime emettendo fatture false. Avevano trovato il sistema per chiedere alle banche dei finanziamenti, anche di somme molto importanti, mediante lo sconto di alcune fatture che però in seguito risultavano inesistenti. I soldi ottenuti dagli istituti venivano poi dirottati in società create ad hoc per perpetuare questo inganno, e poi fatti sparire lasciando andare in bancarotta la società satellite. Le banche coinvolte in questa truffa sono le seguenti: Bper, Banca Popolare di Sondrio, Credito Emiliano, Banca Intesa Sanpaolo, Bpm, Credito Valtellinese.

La truffa agli istituti di credito era condotta utilizzando il nome dell’azienda Polaroid

Si è trattato di una truffa molto meno elaborata di quanto inizialmente pensavano gli stessi inquirenti. Le banche infatti si sono ritrovate a erogare questi finanziamenti, dietro il semplice inganno di una documentazione totalmente falsa. Non sono stati insospettiti nemmeno dal fatto che spesso le fatture utilizzate per ottenere i fondi, venivano stornate in archi temporali molto brevi. E come riuscivano queste persone a ottenere la credibilità necessaria per presentarsi in banca e chiedere un finanziamento così cospicuo? Si fingevano rappresentanti dell’azienda Polaroid, che adesso è parte lesa nel processo. I truffatori dunque ottenevano la loro fiducia con poche ma semplici mosse. 

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Si fingevano lobbysti per conto di una grande azienda e, convinti gli istituti di credito della loro solidità finanziaria, chiedevano i finanziamenti. A quel punto, a tutti sembrava superfluo controllare la documentazione con cui questi venivano approvati.

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