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Bonus per chi assume lavoratori di aziende in crisi. Chi ne ha diritto

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Salvatore Dimaggio

Un bonus importante in un momento così fragile per l’economia italiana.

Un vero e proprio bonus per favorire le assunzioni dei lavoratori che vengono da aziende in crisi. In un momento così delicato per la nostra economia le aziende in crisi non si contano. L’onda lunga della pandemia di covid sta continuando a mietere vittime. Sono tante le aziende in procinto di chiudere. L’aumento dei costi dovuto all’inflazione ha fatto il resto e così aziende in difficoltà sono veramente tante. Di conseguenza sono tanti lavoratori che vedono il proprio posto di lavoro messo a serio rischio. Una situazione sicuramente drammatica alla quale il governo ha voluto porre un certo rimedio con un bonus tutto particolare. Parliamo di un esonero contributivo per premiare quel datore di lavoro che offrono un contratto a tempo indeterminato a quei lavoratori che vengono fuori da aziende rischio chiusura.

Un aiuto importante non solo per il meridione

Si tratta di un vero e proprio premio, quindi, di natura fiscale per chi offre un lavoro a chi proviene da una realtà economica in forte crisi. Il budget per questo esonero contributivo è pari a 15 milioni di euro. Si tratta di un di un aiuto veramente cospicuo visto che parliamo di una decontribuzione totale. Ovviamente il presupposto è che il lavoratore venga da un’azienda in forte difficoltà. Ma questa difficoltà deve essere provata con una procedura di crisi aziendale già in essere. L’altro requisito è che il lavoro sia a tempo indeterminato e dunque che non si tratti di qualche contratto di breve respiro. Vediamo come nasce questo bonus. In realtà questo bonus è figlio dell’esonero lavoro giovani che però incontrava il limite dei 36 anni di età e che era stato previsto dalla legge di bilancio 2021.

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Dunque l’attuale bonus non è altro che il vecchio esonero previsto per il lavoro under 36 a cui è stato tolto il limite dei 36 anni.

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L’esonero contributivo può essere pari ad un massimo di €6000 all’anno e per un massimo di 3 anni che però diventano quattro nelle regioni del sud Italia.

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