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Riscattare gli anni contributivi persi si può, ma c’è la scadenza

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Salvatore Dimaggio

In molti si chiedono come recuperare gli anni persi ai fini pensionistici, vale a dire quegli anni della nostra vita che sono rimasti privi di contribuzione per andare in pensione.

Un tempo la vita lavorativa di una persona era molto tranquilla e coerente. È sempre più frequente che la vita lavorativa abbia dei buchi e delle interruzioni. Dunque nulla di strano o di sorprendente se ci siano degli anni mancanti dal punto di vista contributivo che rendono problematico l’andare in pensione. Chiariamo subito che la legge consente questo e che tanti oggi si pongono questa domanda. Le motivazioni possono essere varie: si possono integrare gli anni contributivi per introitare poi una pensione maggiore, ma il caso più frequente è quello di chi non riesce ad arrivare all’età contributiva minima. Il decreto legge numero 4 del 2019 ha introdotto questa possibilità che davvero tanti chiedevano. È il cosiddetto strumento della Pace contributiva che si pone come risposta concreta ad un mercato del lavoro diventato sempre più fragile ed instabile e che rende oggettivamente difficile, specialmente nel meridione, arrivare alla pensione.

Pace contributiva

La pace contributiva è una misura sperimentale che dovrebbe scadere il 31 dicembre ma probabilmente sarà estesa. Innanzitutto bisogna chiarire che non si possono recuperare più di 5 anni contributivi e che i 5 anni devono essere effettivamente una sorta di buco nella carriera contributiva della persona. Di conseguenza non si possono recuperare anni precedenti all’inizio del primo contributo versato. Tutt’al più possono essere recuperati i mesi contributivi del primo anno in cui si è stati assunti ma prima del primo anno in cui si sono versati i contributi, no.

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Ovviamente sarà il contribuente a dover sostenere il costo del riscatto. Esso sarà calcolato secondo una procedura che tiene presenti alcuni parametri ed è dunque variabile per ogni singolo contribuente.

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Buona notizia: il costo del riscatto può essere eventualmente scaricato dall’Irpef ed in misura piuttosto corposa, vale a dire addirittura al 50%. Inoltre l’onere del riscatto può essere anche rateizzato.

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