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Criptovalute e catene di Sant’Antonio: il rischio è forte

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Salvatore Dimaggio

 In vari paesi del mondo e purtroppo anche qui da noi in Italia, le cronache hanno riportato il caso di persone che hanno investito in criptovalute ma che poi si sono rivelate essere delle catene di Sant’Antonio con tanto di intervento delle forze dell’ordine.

Le catene di Sant’Antonio che tecnicamente si chiamano “schema di Ponzi”, sono una pratica proibita in Italia da quando ci si è resi conto come sia facile truffare la gente con questo stratagemma. Per brevità diciamo che lo schema di Ponzi vede il valore dell’oggetto scelto dei truffatori crescere sempre finché ogni livello della piramide trova un livello successivo, ma quando questo meccanismo si esaurisce, ecco che ci si accorge che tutta la piramide è retta sul nulla e il valore crolla di schianto. Molti incautamente sostengono che non vi sono differenze sostanziali tra le criptovalute e uno schema di Ponzi perché in entrambi i casi si tratta di valori virtuali basati sul nulla.

Valori basati sul nulla

Ma tecnicamente la differenza esiste eccome. Si è liberi di non credere al futuro delle criptovalute e magari si ha anche ragione ma quando si sospetta che una cripto che ci viene prospettata in realtà vede i suoi valori crescere unicamente in virtù del suo essere uno schema di Ponzi dobbiamo immediatamente lasciar perdere. Proprio da noi in Italia la valuta OneCoin sviluppata nei paesi dell’est, ha truffato 3.700 ignari aspiranti investitori per un totale di 11 milioni di euro.

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Chiariamoci: quella delle criptovalute potrebbe anche essere solo un immane bolla. Personaggi di spicco della finanza come Paulson ne sono certi.

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Ma resta comunque il fatto che lo schema di Ponzi è concettualmente diverso ed è una truffa bella e buona. 

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